La Gazzetta dello Sport

Il Brasile e la sesta coppa, si può

●Neymar, una squadra straordina­ria e il Mineirazo da cancellare: è sempre la favorita

- Fabio Licari INVIATO A MOSCA

Non c’è un Mondiale in cui il Brasile non parta favorito, ma le previsioni si sono spesso scontrate con la realtà. Dal leggendari­o Paolo Rossi dell’82 al terribile Mineirazo di 4 anni fa, la storia dice che nel calcio moderno – il 1974 l’anno che divide due epoche – la Seleçao ha sollevato la Coppa appena due volte: nel 1994, ai rigori contro gli azzurri, e nel 2002, senza esaltare non fo sse stato p er Ronaldo. La Germania (1974, 1990, 2014) ha fatto meglio. Sono sfilate nazionali lontane da quelle di Pelé e Zico, c.t. presuntuos­i e non all’altezza, ma questa sembra davvero la volta buona. Russia 2018 comincia quindi con la fatidica domanda: chi arriverà in finale con il Brasile?

BRAZIL! Se il Mineirazo è stato una tragedia nazionale, soltanto meno cruenta della disfatta del 1950 con annessi suicidi, è servito anche per ricomincia­re su basi più solide e di buon senso. Non c’era molto da inventarsi per il c.t. Tite, uno che non fa proclami se non mettere in campo un gruppo straordina­rio nel modo più logico possibile: Alisson, Marcelo e Casemiro sono probabilme­nte i migliori nel loro ruolo, un centrocamp­o con Paulinho e Coutinho è tecnico e fisico come pochi. Neymar aspira alla succession­e di Messi e CR7, Gabriel Jesus a quella di Ronaldo. Svizzera e Serbia si giocano il secondo posto nel gruppo, poi sulla strada di Neymar dovrebbero apparire Messico, Belgio e Francia, con Spagna e Germania a lottare dall’altra parte del tabellone.

LE SFIDANTI Spagna e Germania sembrano le sfidanti più convincent­i ma arrivano col fiatone. Quello spagnolo è stato davvero gratuito, un «atto di forza» di Florentino alla Schwarzene­gger: non c’era bisogno di comunicare che Lopetegui sarebbe diventato Real, facendo saltare nervi e panchina. La Spagna resta una nazionale con molteplici soluzioni tattiche, esperienza e una panchina (da Saul in poi) fortissima, ma cambiare c.t. così è dura. Manca qualcosa in attacco, potrebbe essere il momento di Asensio. Per noi se la giocherà in semifinale con la Germania, altra macchina fino a ieri irresistib­ile, eppure adesso col freno a mano tirato. E forse un po’ sfibrata in qualche interprete, da Özil a Müller allo stesso Khedira. Però sono tedeschi e campioni in carica: sarebbe un evento non vederli arrivare in fondo. Né Spagna né Germania hanno il fenomeno, ma due gruppi straordina­ri.

IN AGGUATO Dopo le tre big, una seconda fascia di pretendent­i. Francia (con il miglior gruppo di giovani) e Argentina (con o senza Messi, due mondi lontani). Deschamps è potenzialm­ente da finale, anche se il tabellone sembra condannarl­o alla semifinale con il Brasile. Se Mbappé e Dembelé fanno i fenomeni, se Tolisso mostra tutte le sue doti di marcatore e regista, se la difesa regge, può essere la sorpresa. Ma, contro l’Italia l’abbiamo visto, fa giocare troppo i rivali. Meno spettacola­re è l’Argentina, un po’ logorata dalle polemiche su Sampaoli che oltretutto non è riuscito a imporre, come col Cile, le sue anticonven­zionali idee tattiche, il 2-3-2-3 al quale il gruppo s’è opposto. Via Icardi, nemico del clan vincente, in panca Dybala e Higuain, è tutto nelle mani di Messi, mai nella Seleccion come nel Barça. Problemi in difesa e una mediana vecchia e lenta (Biglia e Mascherano). Sono più giovani e vogliosi i belgi, ora devono confermare di non essere solo belli e poco concreti: Hazard, De Bruyne e Lukaku decidono tutto.

E CRISTIANO? Pur campione d’Europa 2016, in un torneo nel quale tutto è andato al posto giusto, il Portogallo è un gradino sotto. Cristiano non ha il Real attorno, ma una squadra inferiore. Non avrà la pressione di Messi. Il momento cruciale può essere l’eventuale semifinale contro la Francia, replay della finale europea. Appartiene a una fascia che comprende Colombia e Croazia (imprevedib­ili) e Uruguay e Inghilterr­a (per la storia). Fascia alla quale aspirano Svizzera (solida), Serbia (discontinu­a), Polonia (quale Lewandowsk­i vedremo?) e una Danimarca che sembra aver trovato qualità e risultati attorno a Eriksen. Nel resto del mondo, non è detto che l’entusiasmo basterà al Perù e Salah all’Egitto. Il Marocco ha respiro europeo, l’Iran gioca il miglior calcio asiatico (come nel 2014). Ma il Mondiale è fatto per Messi, Ronaldo, Neymar, Mbappé, o per i gruppi impression­anti di Spagna e Germania.

LE SFIDANTI Spagna e Germania sembrano le rivali più convincent­i, in agguato la Francia

L’Argentina ha Messi ma problemi in difesa e un centrocamp­o lento

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