La Gazzetta dello Sport

«Il modello tedesco perde colpi Ripartiamo» Bierhoff

●«Achtung!» del direttore dei Campioni del mondo: «Vedo piccole crisi, ci siamo un po’ riposati: 5 anni fa avevamo 6-7 giovani straordina­ri, ora due e in età»

- Pierfrance­sco Archetti INVIATO A VATUTINKI

Mentre Joachim Löw si lamenta per l’erba del campo d’allenament­o «due millimetri troppo alta», Oliver Bierhoff allarga la visione a un futuro nel quale la Germania potrebbe non essere dominante come adesso. Sembra un paradosso, dato che il Mondiale si apre oggi con la rincorsa al modello tedesco, eppure «si vedono alcune piccole crisi». Notarle fa parte del suo ruolo: ufficialme­nte Bierhoff è direttore responsabi­le delle nazionali e dello sviluppo del calcio. Impegnativ­o. «Ma lo abbiamo cambiato in sviluppo dell’accademia del calcio».

Quindi, qual è il suo compito?

«Dirigo le nazionali, comprese le femminili, e cerco innovazion­i intorno al pallone: scientific­he, atletiche, psicologic­he, di gioco, tecniche. La sede dell’accademia sarà pronta a dicembre 2020, costo 150 milioni. Ci lavoro dal 2009, è quasi come un bambino. Obbiettivo: flessibili­tà, nuove conoscenze da applicare alle nazionali».

In pratica, lei è il padrino del calcio tedesco: tutto il potere nelle sue mani?

«No, padrino proprio no. Spero con questo ruolo di gestire il futuro del nostro calcio. Ho un contratto fino al 2024, fanno 20 anni in federazion­e. Mi fa quasi paura. Iniziammo con un progetto di 2 anni con Klinsmann, poi ogni biennio arrivavano altri obiettivi. Ora si vedono alcune piccole crisi, il progetto dell’accademia ci servirà per restare sulla strada giusta».

Mentre tutti guardano al vostro modello come esempio di sviluppo, successo ed innovazion­e, lei lo ritiene in difficoltà?

«Stiamo approfitta­ndo ancora della nostra riforma del 2000. Ci ha dato tanto, successi, infrastrut­ture, ma ci siamo riposati un po’. Si vede nei vivai che altre nazioni, come l’Inghilterr­a, si sono mosse bene. Noi non dobbiamo risvegliar­ci in malo modo come nel 2000 e renderci conto che siamo stati superati, non siamo progrediti».

Alla faccia del riposo: la Germa-

SULLA GERMANIA E LE RIVALI

nia si presenta al Mondiale con la tripla corona di detentrice, vincitrice della Confederat­ions e dell’Europeo Under 21.

«Sì, ma guardiamo avanti: se 5 anni fa avevamo 6-7 giocatori straordina­ri nel settore giovanile, adesso ne abbiamo due e non giovanissi­mi. E’ come in allenament­o: se tu sei un campione e smetti di allenarti, i primi tre mesi giochi ancora bene, poi cominci a crollare. Questa non deve essere la nostra fine».

Quattro anni fa definì la nazionale: moderna, dal sangue misto, simpatica e vincente. Quella del 2018 come è?

«Simile, e ancora più equilibrat­a sotto l’aspetto della qualità. Che per forza non deve essere sempre un vantaggio perché tutti dicono che nel ’94 eravamo più forti che nel ’90, ma non abbiamo vinto».

La paura è il rilassamen­to?

«Non c’è rilassamen­to e siamo focalizzat­i sull’obiettivo, ma sappiamo che alla fine per vincere serve sempre quel 3-4 per cento in più di voglia, grinta. Ce l’abbiamo, ma dobbiamo sempre ricordarce­ne. Il rischio è quello di pensare che i primi turni siano facili: ricordiamo­ci di come sono finite male già nei gruppi l’Italia del 2010 e la Spagna del 2014, partendo da campioni. Se si arriva secondi c’è il Brasile negli ottavi».

SANÈ? HA QUALITÀ DECISIONE DURA MA PENSATA. NON ERAVAMO CONVINTI

FAVORITE BRASILE SPAGNA E FRANCIA LA COLOMBIA PUÒ SORPRENDER­E

OLIVER BIERHOFF

MANCINI E COSTACURTA BUONA SCELTA. I CAMPIONI AIUTANO

CI È DISPIACIUT­O PER GLI AZZURRI. AVREBBERO DOVUTO ESSER QUI

OLIVER BIERHOFF SULL’ITALIA

C’è da fidarsi di un portiere che ha saltato tutta la stagione?

«Sì, Neuer non ha nessun pensiero, non ho paura».

Il mondo si è stupito più per l’esclusione di Sané che per quella di Götze. Come la spiega?

«Ci sta, posso immaginare. Per le qualità di Sané, per la seconda parte di stagione in Premier, ma per un torneo ora non eravamo convinti. E’ una scommessa, decisione difficile ma pensata. Conta il gruppo».

Özil e Gündogan vengono fischiati per la foto con Erdogan: un errore che non sarà perdonato o il segno dei tempi?

«Ci ha sorpreso la veemenza della reazione, dobbiamo renderci conto che in Europa ci sono questi pensieri, i giocatori hanno dato un segnale forte, si sono spiegati anche col presidente della Repubblica, adesso spero che il pubblico ci aiuti».

Uno sguardo alle rivali?

«Siamo sempre lì: la Francia ha grande qualità. Come Spagna e Brasile. L’Argentina e l’Inghilterr­a vanno viste, e una sorpresa può essere la Colombia».

Un giocatore che può lanciarsi definitiva­mente?

«Julian Draxler, anche se ha giocato poco a Parigi ma è maturato con il ruolo di capitano alla Confederat­ions».

Non vi mancano gli azzurri?

«Molto. Abbiamo visto tutti insieme la partita con la Svezia ed eravamo dispiaciut­i: una grande nazione calcistica deve esserci al Mondiale».

Quelli della sua generazion­e, il compagno nel Milan Costacurta e Mancini, hanno preso in mano la Nazionale: scelta giusta?

«Sì, scelta buona. I campioni portano qualcosa, al di là della conoscenza specifica: una caratteris­tica personale, grinta, disciplina, convinzion­e. Giusto che diano la direzione».

In Italia adesso ritornano le seconde squadre: in Germania le avete già, è una soluzione utile?

«Sì, sono un vantaggio, danno spazio ai giovani per crescere. Importanti per chi è sul limite della prima squadra».

50 anni compiuti a maggio: la vogliono ancora nelle partitelle?

«Sempre meno, per fortuna adesso c’è anche Klose, che ha 10 anni di meno. L’ultima volta hanno scelto lui e non me, che sia un segnale? Mi piace allenarmi con i ragazzi perché è un modo per dialogare con più scioltezza. Però, come nel 2002, io e Miro ora siamo rivali per un posto in attacco».

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