La Gazzetta dello Sport

Sisto, da rifugiato a stella danese con danza tribale

●Arrivò piccolo dal Sud Sudan, nel 2014 per l’Under 21 e il passaporto la famiglia... ballò in conferenza

- G.d.f.

Immaginate la scena: in conferenza stampa fanno irruzione un uomo e una donna di colore con la pelle dipinta di bianco che ballano e cantano una danza strana, lei con un gonnellino e lui a torso nudo e con due manici di scopa branditi come lance. E l’intervista­to felice, perché vede che lo sono anche mamma e papà. L’intervista­to era Pione Sisto, la sede era quella della federcalci­o danese nel 2014 e il motivo era la sua prima convocazio­ne in nazionale U21 visto che gli avevano appena dato il passaporto, cosa che inorgogliv­a a tal punto la famiglia da organizzar­gli il loro rito propiziato­rio. Perché l’astro nascente del calcio danese in Danimarca ci viveva già da 19 anni: la famiglia Sisto scappò dalla guerra civile in Sud Sudan nel 1995, Pione nacque nel tragitto a Kampala in Uganda, due mesi dopo arrivarono in Danimarca e furono accolti con lo status di rifugiati. «Se mi chiedete di dove sono – disse – rispondo Sud Sudan. Ma in me c’è una grande “danesità”», rispose qualche mese fa, nel pieno di una carriera in ascesa verticale. Perché Sisto già prima di diventare danese era considerat­o un piccolo fenomeno, esplose nel Midtjyllan­d, fece pure un provino alla Juve, uscì dall’anonimato nel 2016 dopo un partitone contro lo United di Van Gaal – erano andati tutti a vedere Depay, alla fine il nome in cima ai taccuini era il suo – e da due anni gioca benissimo nella Liga al Celta. Esterno d’attacco velocissim­o e dalla gran facilità di tiro, piace a tutti perché al talento unisce anche un’etica lavorativa non usuale per uno abituato fin da piccolo a essere la stellina della squadra. Ai suoi garretti e ai lampi di genio di Eriksen sono appese le speranze dei danesi. E un po’ di tutti i rifugiati, di cui è divenuto una bandiera: un paio di anni fa con la rivista danese Ekstra Bladet lanciò l’hashtag #EngangVarJ­egFlygtnin­g (una volta ero rifugiato) che fu trend topic. La sua storia, insomma, è bel bagliore di luce per chi vede solo buio.

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