Tabarez e l’Uruguay unito: se vince oggi è agli ottavi
●Il Maestro esalta la forza del Paese: «Da noi pure le strisce pedonali fanno il tifo»
(4-4-2) (4-5-1)
Guardi Oscar Tabarez lottare e ti viene voglia di sollevare il mondo. Lo pensiamo noi, figuratevi i suoi giocatori. Lo vedi lì con i suoi 71 anni, un’odiosa malattia degenerativa, la stampella che lo aiuta a superare i tre scalini del tavolo della conferenza stampa che sembrano il tetto d’Europa e non puoi non pensare che la sua lotta ispira, trascina, è esemplare. Ed è un omaggio al calcio, perché quando chiedemmo al suo capitano Godin se per caso Tabarez non dovesse mollare la panchina il centrale insorse: «Neanche per scherzo! Il suo esempio è la nostra forza».
DUE CAMBI Una volta scalato il suo piccolo Everest, il Maestro si siede e quando parla quella sensazione di carisma, di saggezza, di passione per il calcio si gonfia ancora di più e si diffonde felice. L’Uruguay è l’unica nazionale sudamericana ad aver vinto nel primo turno. Oggi affronta l’Arabia Saudita maltrattata dalla Russia nella gara che ha alzato il sipario sul Mondiale. Una vittoria la proietterebbe agli ottavi con un turno di anticipo. Tabarez cambierà i due esterni, dentro Sanchez e il Cebolla Rodriguez, e festeggerà le 100 partite di Muslera e Luis Suarez in nazionale: «Come passa il tempo…». FILO RIALLACCIATO Il Maestro ha parlato a lungo del filo che è riuscito a riallacciare dell’identità nazionale legata al calcio, partendo dalla soddisfazione che gli ha generato la visione di un video girato in una scuola di Montevideo, coi bambini che festeggiano entusiasti il gol di Gimenez che è valso la vittoria sull’Egitto. «In Uruguay, per il Mondiale, scuole e università sospendono le lezioni quando gioca la nazionale, il Paese è biancazzurro, pure le strisce pedonali. Se vinciamo qualche altra partita come facemmo in Sudafrica mi scriveranno signore di 80 anni dicendomi che odiavano il calcio e che ora dopo una vittoria della nazionale hanno voglia di scendere in strada ed abbracciare il primo sconosciuto. Eravamo una potenza del calcio all’inizio del secolo scorso, poi per differenti ragioni il filo che univa le generazioni alla nostra storia è stato spezzato. Oggi quel filo è stato riallacciato». L’Uruguay si aspetta un gran Mondiale Il Maestro glielo vuole regalare.