La Gazzetta dello Sport

MARCHIONNE LASCIA UNA SUPER FERRARI

L’eredità sportiva dell’ex presidente di Maranello

- L’ANALISI di ANDREA CREMONESI email: acremonesi@rcs.it

La conquista della pole non regala punti ma per un pilota è il momento più esaltante del gran premio perché in quel giro «tutto o niente» si mescolano velocità, coraggio e senso del limite. Se poi, come è accaduto a Vettel ieri, la si ottiene con la colonna sonora dei propri tifosi che riempiono le tribune del motodrom di Hockenheim, sulla pista che dista appena 47 km dalla città, Heppenheim, dove si è nati e cresciuti, assume un sapore speciale. E regala alla Ferrari l’unico momento di felicità in un sabato reso triste dalle notizie sulle gravi condizioni di salute di Sergio Marchionne, che hanno costretto Fca e lo stesso Cavallino a cambiare timoniere in corsa. Questa Ferrari che ha conquistat­o la quinta pole dell’anno, consentito a Raikkonen di piazzarsi in seconda fila con la concreta speranza di raccoglier­e nel GP di Germania una doppietta che segnerebbe pesantemen­te il destino del mondiale, rappresent­a al tempo stesso una sorta di regalo per il presidente uscente, impegnato in una dura sfida personale, e il suo lascito più bello. Persino dei conti record di una azienda che chiuderà il 2018 con 9 mila auto vendute e ricavi netti a 3,4 miliardi. Mai negli ultimi 10 anni la Ferrari ha potuto guardare al proseguo del campionato con la stessa concreta prospettiv­a di vincere il titolo, neppure nei due anni magici (2010 e 2012) quando Fernando Alonso lo perse all’ultima gara. E può ambire ad aprire un ciclo vincente come ai tempi di Montezemol­o, Todt, Brawn e Schumacher.

Il merito è anche e soprattutt­o della dottrina Marchionne, ovvero la coraggiosa decisione, assunta nell’estate di due anni fa di rivoluzion­are, dopo l’addio di James Allison, la struttura di Maranello, dando spazio alle seconde linee, ovvero a quei tecnici cresciuti nella fabbrica di via Alberto Ascari: il d.t. Mattia Binotto, Simone Resta, capo progetto delle ultime due rosse, ora passato alla sorella Sauber, Enrico Cardile, David Sanchez, i motoristi capitanati da Enrico Gualtieri, Corrado Iotti e Luigi Fraboni.

I «quattro sbarbati» come Marchionne un giorno li definì dovevano liberare talento e fantasia per riportare la Ferrari sul tetto del mondo. Da lì è iniziata la riscossa. Una struttura orizzontal­e dove l’ultima parola era comunque la sua. Perché Marchionne, anche se si vedeva di rado ai GP, incideva sulle scelte di fondo, dirigeva la politica sportiva del team, intervenen­do personalme­nte nelle istituzion­i federali e della F.1. Ora toccherà a Maurizio Arrivabene, team principal, sin qui schiacciat­o dalla straripant­e personalit­à del presidente, raccoglier­e il pesante testimone e completare, sotto la guida del suo ex capo alla Phillip Morris, Louis Camilleri, l’assalto al titolo iridato.

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