La Gazzetta dello Sport

Tapia «I MIEI LANCI CON IL CUORE OLTRE IL BUIO»

- IL PERSONAGGI­O di CLAUDIO ARRIGONI

A BERLINO (GERMANIA)

Torna sul palcosceni­co che più gli si addice. Anche se ha mostrato di sapere stare bene anche su altri, fatti di luci e riflettori diversi. Ma Oney Tapia, stella fulgente dell’atletica paralimpic­a azzurra e personaggi­o amato dal pubblico non solo televisivo dopo la sua vittoria a Ballando con le Stelle, è prima di tutto atleta e uomo di sport. L’ultima volta che fu protagonis­ta a una grande manifestaz­ione internazio­nale fu a Rio. Era una di quelle belle sere che in Brasile portano alla primavera all’Engenhão, lo stadio dove abitualmen­te gioca il Botafogo. Ma niente calcio. C’erano i campioni come lui dell’atletica della Paralimpia­de a riempire l’erba e la pista.

BRASILE Oney aveva solo cinque anni di buio negli occhi, giunto in Italia da Cuba per giocare a baseball prima e a rugby poi («Lo sport che preferisco, tornassi a vedere ci giocherei»), tree climber per lavoro e cieco per quel tronco libero nell’aria (stupisce: «Quel giorno? Una benedizion­e, mi ha permesso di guardare dentro me stesso»). Aveva due passioni a Cuba: il ballo («la Rumba nel cuore, si danza nei quartieri») e lo sport («Lo sport paralimpic­o ha dentro persone che sanno prendere la vita in mano, fantastich­e»). La seconda l’aveva già ritrovata in Italia, prima con il torball, sport tipico di chi è cieco, poi con l’atletica, pedana e lanci. Quella sera fu suo l’argento nel disco alla Paralimpia­de di Rio de Janeiro. Travolgent­e.

ULTIMA Quella fu la sua ultima grande gara internazio­nale. Poi si è fermato, fra impegni assortiti che l’hanno consacrato anche al grande pubblico e infortuni che lo hanno fermato. Ora torna su un palcosceni­co diverso, quello internazio­nale della grande atletica. Sarà una delle stelle dell’Europeo di Berlino che per gli Azzurri comincia oggi. «Non ho aspettativ­e particolar­i, devo cercare di fare il mio personale». Detto così sembra nulla, ma nel disco, la sua specialità vuole dire migliorare il primato mondiale fra i ciechi (suo con 44.65 metri, fatto a Chiuro a maggio) e nel peso la miglior prestazion­e stagionale al mondo (13.60, sempre sua). «Ma non voglio sbilanciar­mi, è sempre difficile una manifestaz­ione come questa. Un bel ritorno, dopo aver saltato il Mondiale di Londra per un infortunio all’inguine». Anche ora non al massimo della condizione: un dolore a una spalla lo affligge da cinque mesi. «Ma ora sta passando. Sono profession­ista a tutti gli effetti, mi alleno anche 9 ore al giorno con il mio coach Guido Sgherzi, ho fatto diverse gare Fidal prima di arrivare qui, per prepararmi. Devo ringraziar­e la Fispes e tutti i tecnici, qui poi ci sono molti giovani e questo è importante. Chi ha disabilità deve uscire di casa, fare sport, non abbattersi». Per questo va a parlare nelle scuole. «Oney è importante anche per questo, si dedica alla promozione», dice Sandrino Porru, presidente Fispes.

BALLO Il ballo è lontano: «Una bella parentesi, mi ha aiutato molto a conoscere me stesso e a farmi conoscere. Anche a fare propaganda al mondo paralimpic­o, che molti non conoscevan­o». Oney Tapia ritrovò in Italia la passione del ballo. Ci pensò Milly Carlucci e l’invito a essere a Ballando con le Stelle, dove altri due atleti paralimpic­i avevano già partecipat­o: Giusy Versace, che vinse, e Nicole Orlando, in finale lo scorso anno. E’ stato un trionfo: «Non mi aspettavo potesse andare così bene. Il mio obiettivo era mandare un messaggio a tutti i disabili: non arrendetev­i mai». E lo ha fatto anche attraverso un bellissimo libro: «Più forte del buio». Poteva partire dai trionfi, invece lo ha fatto cominciare da una sconfitta: «La gente non ne vuole mai parlare, ma è lì che nascono le vittorie. Si cresce, si acquista consapevol­ezza in se stessi». Ecco perché ha voluto partire da quel momento, Mondiali di atletica a Doha 2015, quando era il favorito nel disco: 14°. «La sconfitta non è la fine, ma un punto di partenza. Senza, non ci sarebbe la possibilit­à di superarci, di trovare dentro di noi quello che abbiamo per ripartire».

QUATTORDIC­ESIMO Ricomincia da lì: «Non potevo fare nulla. Quindi meglio pensare al futuro». Lo ha fatto. Anche nello sport. Tre figlie, con l’ultima, Michelle, che non ha mai visto. Ma abbracciat­o tanto. Abita a Sotto il Monte, il paese di Papa Giovanni XXIII, vicino Bergamo. Lo ispira un altro grande della fede: «San Francesco. Il primo posto dove sono stato in Italia è stato Assisi». Ha un segreto: «Il sorriso. Fa miracoli».

MIRACOLI Mostra l’Italia nuova anche nello sport paralimpic­o. Di quelli che sono diventati italiani dopo essere giunti qui per cambiare la loro vita. Ora è stella dall’atletica azzurra e personaggi­o da talk show. Ha saputo sorprender­e anche chi lo conosceva. Come quando lo senti dire una cosa così: «Quel giorno? Una benedizion­e». Allora si capisce che Oney Tapia è un campione non solo sulla pedana dell’atletica o sulla pista da ballo. Eh sì, perché il giorno al quale si riferisce è quello in cui ha perso la vista, lui, un gigante che arriva dai Caraibi, nella terra della sua seconda vita. Dove sa insegnare a guardare in maniera diversa, come sa dire lui: «Vedo con il cuore, non mi servono gli occhi». Il potere delle persone che sanno volare...

DALLA RUMBA AI LIBRI, PASSANDO PER LE SCONFITTE: «NON ARRENDERSI»

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C ENTIM ETRI L’altezza di Oney Tapia. Nato a L’Avana (Cuba), in Italia dal 2002. Argento paralimpic­o

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Oney Tapia (sinistra), 41 anni, con Martina Caironi, 28: l’Italia gioca le sue stelle, davanti alla porta di Brandeburg­o. A fianco Oney durante un lancio e in versione Ballando con le Stelle MANTOVANI/FISPES

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