Serena che fai? «Contro di me gesto sessista»
Lo scontro tra Williams e arbitro Pennetta: «Uomo o donna non c’entra»
«TU PUOI PENSARE CHE SIA COACHING, MA IO NON IMBROGLIO»
«IO NON HO MAI IMBROGLIATO, HO UNA FIGLIA, MI DEVI DELLE SCUSE!»
«SEI TU IL BUGIARDO, NON MI ARBITRERAI MAI PIÙ, SEI TU IL LADRO»
SERENA WILLIAMS CONTRO L’ARBITRO
La quiete dopo la tempesta non arriva. Serena non grida e non piange più. Ha ripreso il controllo dopo aver perso le staffe in campo e rovinato la festa a Naomi Osaka, l’avversaria cresciuta nel suo mito, che l’ha battuta in due set. Davanti alla platea dei giornalisti sembra tranquilla ma non recede di una virgola. Anzi, sfrutta quegli episodi neri, capitati poco più di un’ora prima, per accendere una battaglia di genere. Quello che ha detto all’arbitro, il portoghese Carlos Ramos, ha già fatto il giro del mondo. ». Un accesso d’ira scattato per un warning per coaching, pratica vietata dall’Itf e tuttavia confermata dal suo allenatore, Mouratoglou: «E’ vero, le ho fatto dei segni, ma è una cosa che fanno tutti». Così nel dopo match, perso nettamente sul campo, trasforma quella discussione poco edificante in una campagna per la parità delle donne. Il suo è un lungo monologo. «Non si può tornare indietro, ma è difficile pensare che non gli darei nuovamente del ladro, perché ritengo che mi abbia portato via un game. Ho visto uomini insultare arbitri senza conseguenze. Sono qui per far valere i diritti delle donne». E prosegue: «Darmi un game di penalità è stato un gesto sessista, perché se glielo avesse detto un uomo non lo avrebbe mai punito. Continuerò a battermi per tutte le donne, per essere trattate alla pari. Come la Cornet che dovrebbe potersi cambiare la maglietta in campo senza essere penalizzata (era successo a inizio torneo, ndr). Spero che dopo quanto accaduto, la prossima donna che alzi la voce non subisca le mie stesse conseguenze». Esce dalla sala interviste fra gli applausi di molte giornaliste.
GENERE Riceve subito la solidarietà di Billie Jean King: «Quando una donna manifesta le sue emozioni diventa un’isterica, se un uomo mantiene lo stesso comportamento viene definito una persona schietta e non ci sono ripercussioni. Grazie Serena per aver denunciato questo doppio standard». Ma Flavia Pennetta ha una posizione diversa: «Uomo o donna non c’entra: oggi è diverso dai tempi di McEnroe, c’è un regolamento chiaro. Conosco il giudice Carlos Ramos, è uno dei più bravi e escludo assolutamente si sia comportato così perché di fronte aveva una tennista e non un tennista. Quella di Serena non è la direzione giusta». Il New York Times riporta la statistica dei «Code Violation» di questi Us Open: 23 per gli uomini, 9 per le donne. Lo scorso anno, Fognini era stato espulso per aver rivolto frasi, comunque ben più ingiuriose, a una giudice di linea. Prima di abbandonare la conferenza, Serena ribadisce: «Non uso il coach neppure nei tornei in cui è permesso. Quando sono in campo, senza nessuno che mi dica niente, è uno dei rari momenti di pace della mia giornata». Dopo il warning per coaching, la Williams aveva detto a Ramos: «Non imbroglio, preferisco perdere». Che cosa dirà a sua figlia? «Che sua mamma si è battuta per ciò che è giusto, perché nella vita non sempre tutto va nel modo in cui si vorrebbe». PRECEDENTI Invece, tornano in mente alcuni precedenti capitati qui agli Us Open in cui Serena si era scontrata con gli arbitri. Nel 2004 contro Jennifer Capriati, dopo aver subito un torto, ci furono le scuse ufficiali del torneo e la sua protesta divenne la ragione principale per introdurre l’Occhio di falco. Ma il peggio lo dette nel 2009 nella semifinale contro Kim Clijsters. Le fu chiamato un fallo di piede e disse alla malcapitata giudice di linea che le avrebbe fatto inghiottire una pallina. Il punto di penalizzazione le costò il match, con uno strascico di polemiche infinito. Già durante la partita con Osaka aveva menzionato le ingiustizie ricorrenti nei suoi confronti. E ora pagherà 14.700 euro di multa. Serena, ricorda il 2009? «Vorrei dimenticarlo. Ma poi qui le cose continuano a succedere. Come vogliamo definirle? Coincidenze?».