Giustizia sportiva Giorgetti avvisa: «Tutto al Tar»
●Nel Decreto Salvini giurisdizione sportiva esautorata. Malagò: «Al lavoro insieme»
Cronaca di un pomeriggio ad alta tensione, vissuto sull’orlo del precipizio, a un passo da una svolta epocale. Alle 15 la giustizia sportiva era stata sostanzialmente esautorata dei suoi poteri, privata della sua giurisdizione sulle «controversie relative ai provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche», che dalla prossima stagione sarebbero diventate materia di «esclusiva giurisdizione del Tar del Lazio». La norma, pensata alla luce dell’ultimo incredibile cortocircuito che si è innescato sui ripescaggi in Serie B, avrebbe spazzato via i due gradi della giustizia federale e il Collegio di garanzia, consegnando tutto al tribunale amministrativo. Sarebbe stato un terremoto, soprattutto per la giustizia del calcio. E avrebbe decretato il fallimento di una gestione commissariale fortemente voluta dal Coni. Il codicillo-bomba era contenuto, al comma 3 dell’articolo 41, nel Decreto Salvini approvato lunedì dal Consiglio dei ministri. A seguire le disposizioni sulla certificazione dei bilanci dei club calcistici di A e B, arrivavano quelle che, di fatto, avrebbero azzoppato la giustizia sportiva italiana, a cinque anni dall’ultima riforma. Fino all’ora di cena, quando il comma 3 è stato accantonato, al termine di un incontro a Palazzo Chigi tra il sottosegretario Giancarlo Giorgetti e il presidente del Coni Giovanni Malagò. Tregua, vedremo se definitiva o temporanea.
SOLUZIONE CONDIVISA «Con il sottosegretario Giorgetti – ha spiegato in una nota ufficiale il numero uno del Coni – stiamo concordando di trovare un percorso giuridico che possa garantire maggiore velocità e certezza a tutte le parti in causa nelle decisioni che hanno rilevante valore economico, come le iscrizioni ai campionati. Non c’è alcun provvedimento definitivo — assicura Malagò – ma il Coni sta ragionando su una soluzione condivisa col Governo». È la condizione che ha posto Giorgetti al presidente del Coni, con cui necessariamente deve restare in piedi un’interlocuzione, anche sulla candidatura olimpica: se lo sport italiano vuole evitare l’intervento unilaterale del Governo e arrivare a una soluzione condivisa, dovete impegnarvi rapidamente e seriamente a trovare soluzioni per un sistema che ha dimostrato, soprattutto quest’estate, di fare acqua da tutte le parti.
ULTIMA CHIAMATA Il Governo non farà più concessioni. Del resto, senza troppi fronzoli, il sottosegretario, già nell’audizione in Senato in cui aveva decretato la «morte» della candidatura olimpica a tridente, era stato molto chiaro. «Il calcio ogni estate offre uno spettacolo indecoroso: se non è in grado di normarsi da solo, dovrà pensarci il legislatore». Era l’annuncio di una svolta brutale. Contenuta nella bozza di decreto licenziata dal Consiglio dei ministri lunedì, ma non ancora inviata al Quirinale per il visto presidenziale. Un comma che interviene sul decreto legislativo 104 del 2010, quello che ha riformato la procedura amministrativa. In sostanza, si prevede la giurisdizione esclusiva del Tar del Lazio e la possibilità di appellare al Consiglio di stato i provvedimenti monocratici – come quello sul ricorso di Pro Vercelli e Ternana che recentemente ha fatto litigare il Tar con se stesso – «... nei soli casi in cui l’esecuzione del decreto sia idonea a produrre pregiudizi gravissimi ovvero danni irreversibili prima della trattazione collegiale». Precisazione che limiterebbe la finestra temporale delle controversie sulle ammissioni ai campionati, con cui il calcio italiano fa i conti ormai da tre mesi. Un tempo intollerabile, non solo per Giorgetti.