Wiggins a casa Moser L’Ora di storia è con i miti
●Il Baronetto detentore del record più ambito e difficile del ciclismo dialoga con chi l’ha preceduto 31 anni prima: due epoche a confronto
SU WIGGINS
L’uomo di casa accoglie quassù il mondo che si era lasciato alle spalle. Francesco Moser è forse il più famoso dei trentini, certamente il più celebrato dei campioni di qui. Vive a pochi chilometri dalla città, in mezzo ai suoi vigneti, lontano dal glamour ma con i ricordi ben saldi. E deve sembrargli piuttosto strano che, all’improvviso, gli portino tutto questo sport a domicilio. «Beh, se non altro è comodo» dice lui. «Per una volta sono venuti tutti da me e non sono stato io a dover andare in giro».
PADRONE DI CASA Di sicuro Moser per questo Festival è il campione giusto al posto giusto. Non solo perché è il perfetto rappresentante di Trento e del Trentino, ma anche perché col tema conduttore ha molto più di qualcosa a che fare. Qui, per quattro giorni, tutto si dipana attorno al concetto di Record. Con la «R» maiuscola proprio perché considerato come una specie di categoria ideale, un totem dai tanti valori che ogni campione racconterà a suo modo, a seconda dei significati che gli attribuisce. Ecco quindi che Moser è l’uomo e il campione più azzeccato per questo compito. Perché il suo nome e l’idea del primato, nell’immaginario degli sportivi italiani, da quel gennaio del 1984 sono quasi sinonimi. Le sue due volate lunghe un’ora sulla pista di Città del Messico sono un ricordo nitido per chi ha superato i 40 anni. Per la lunga preparazione che ebbe quell’impresa.
Per l’eco lontana che ai tempi amplificava la dimensione epica degli eventi. Per quella sua bicicletta dalle ruote piene — lenticolari imparammo a dire allora — che nessuno aveva mai visto prima. Per via che fino a quei giorni il record era appartenuto a Eddy Merckx, e dunque ritenuto anche un po’ inconsciamente imbattibile, come era il Cannibale. E invece Moser tutte e due le volte andò oltre Merckx, in entrambi i tentativi superò i 50 km come mai nessuno era riuscito a fare prima. Per questo quel 51,151 del secondo tentativo ci restò scolpito nella memoria, come il 19”72 sui 200 staccato 5 cinque anni prima nella stessa capitale messicana da Pietro Mennea. «Alla fine – dice Moser – il record è il risultato più importante della mia carriera. Con la vittoria al Giro ‘84 è quello di cui mi chiedono ancora tutti, più del Mondiale». STORIA DEL RECORD E dunque sarà bello sentirglielo raccontare ancora una volta oggi. «La Storia del Record dell’ora», si intitola l’incontro. Con lui, col vice-direttore della Gazzetta Pier Bergonzi e col sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (con delega allo sport) Giancarlo Giorgetti — che darà l’ideale via al 1° Festival dello GETTY Sport — ci sarà Bradley Wiggins, l’attuale detentore del primato. L’inglese che il 7 giugno 2015 al Lee Valley VeloPark di Londra andò 4 km più in là di Francesco (54,526 Km). Sir Bradley Wiggins, il baronetto che ha cambiato il ciclismo. Prima di lui nessun ciclista venuto dalla pista aveva vinto il Tour de France. Prima di lui nessun britannico aveva festeggiato in giallo sugli Champs Élysées. Rivoluzionario in strada, dittatore in pista ancora fino all’Olimpiade di Rio. Dopo la quale ha deciso che con 8 medaglie (5 ori, un argento, 2 bronzi), poteva anche smettere da atleta più medagliato della Gran Bretagna, non solo del ciclismo ma di tutti gli sport. «In pista –ricorda Moser – devo aver corso qualche volta contro suo padre (Gary, ndr), ma non ho mai avuto modo di parlare con Bradley. Mi dispiace non essere più giovane per poterlo sfidare». Ci acconteremo di vederli uno di fronte all’altro su un palco. Due miti, due epoche. Sentirli confrontare tempi, materiali, preparazioni. Sarà un gran bell’accontentarsi.
SIMBOLO
Un primato che affascina da sempre raccontato da chi lo conosce bene
Il grande trentino: «Mi chiedono più di Città del Messico che del Mondiale»