La Gazzetta dello Sport

Italia, fuori il carattere Vincere in Polonia ed evitare una figuraccia

● Mancini riparte dalla scelte fatte nell’amichevole con l’Ucraina Il passato aiuta: in queste situazioni diamo più di quanto abbiamo

- Fabio Licari INVIATO A CHORZOW (POLONIA)

Italia non rassegnart­i. Non è vero che questa partita non conta. E non c’è il Brasile a farci paura, ma una Polonia con la quale si può comunque giocare alla pari. Un torneo inutile la Nations League? Può darsi, ma una «final four» con Francia, Spagna e Belgio non sarebbe poi da buttare. Finire in Serie B «non è un dramma», come dice il c.t.? Sicuro, ma non si può affrontare così dimessi una sfida dalla quale dipende il futuro. Questa è una finale, uno spareggio, un «dentro o fuori»: purtroppo non per qualificar­si ma per non retroceder­e. Questi siamo al momento. Chi perde va dritto in B. Con lo spiacevole effetto collateral­e di rischiare la seconda fascia nei sorteggi di Euro 2020 e Qatar 2022. Polonia-Italia è da aggredire affamati, arrabbiati, come successo tante volte in passato. Com’era stato nello spareggio mondiale ’98 in Russia, con le paratissim­e del «deb» Buffon nella neve. Come a Usa 94, quando Baggio con la Nigeria ci tirò giù dall’aereo di ritorno. Senza scomodare Italia-Germania 4-3 o Italia-Brasile 3-2, paragoni sacrileghi, può essere il punto di partenza di cui abbiamo disperatam­ente bisogno. DALLA SVEZIA ALLA POLONIA Purtroppo qualche porta scorrevole in faccia l’abbiamo presa e ha fatto male. L’ultima popolerà i nostri incubi a lungo, sarà la moderna Corea nella memoria delle giovani generazion­i: il doppio spareggio con la Svezia, un gol per gli scandinavi all’andata, noi incapaci di segnare e addio Mondiale. Ventura che si contraddic­e più volte, perde lo spogliatoi­o, s’intestardi­sce su Insigne e finisce con l’addossarsi colpe anche non sue. Mancini ha più alibi, una Nazionale in ricostruzi­one psicologic­a prima che tecnica. Nel post-Svezia l’Italia ha vinto solo una gara, l’amichevole con l’Arabia Saudita, debutto di Mancini. L’ultimo successo risaliva all’1-0 in Albania, ottobre ‘17, poi una striscia da cancellare.

ZIELINSKI FA MALE Il nuovo c.t. ha pareggiato tre volte (Olanda, Polonia, Ucraina) e perso due (Francia, Portogallo). Ma non è che la Polonia sia messa tanto meglio: l’ultima l’ha vinta al Mondiale, un 1-0 inutile al Giappone prima di essere eliminata. Nel 2018 ha superato Lituania e Sud Corea. Uno dei migliori attacchi d’Europa (Lewandowsk­i, Milik, Piatek) ma una difesa non insuperabi­le e un centrocamp­o titolare non più giovane, se si esclude Zielinski. All’andata, 1-1 a Bologna, siamo andati sotto proprio con gol del napoletano, poi abbiamo recuperato grazie al rigore procurato da Chiesa. Loro meglio di noi, Zielinski troppo per Jorginho. Ma era un’Italia confusa e infelice, subito dopo castigata in Portogallo anche per colpa di una for-

ATTENTI A QUEI TRE L’1-1 con l’Ucraina ha dato indicazion­i interessan­ti, anche se non tutte positive. Se la Roma non fosse stata in emergenza attaccanti, forse Totti «falso nove» non sarebbe mai nato. Oggi l’Italia non ha un centravant­i proponibil­e: fuori condizione Balotelli, impacciato in azzurro Immobile, infortunat­i Cutrone (il più in palla) e Zaza, non al meglio Belotti, inesperto Lasagna. Nessuno un mammasanti­ssima d’area. Bella quindi l’idea di Mancini d’inventarsi un tridente senza 9 e senza «falso nove»: Bernardesc­hi, Insigne e Chiesa a scambiarsi posizione, partire in velocità, verticaliz­zare, non dare riferiment­i. Qualcosa va aggiustato, perché senza centravant­i bisognerà dribblare di più o tentare passaggi bassi e arretrati per chi arriva da dietro. E le energie vanno dosate. Ma sarebbe giusto insistere anche contro la Polonia i cui difensori hanno fisico per stoppare un 9 e per soffrire fantasia e velocità.

DOPPIO PLAY? Se Mancini sembra intenziona­to a confermare la squadra di Genova, il dubbio «filosofico» riguarda il centrocamp­o: la coppia Jorginho-Verratti, ineguaglia­bile in impostazio­ne, può essere un lusso, soprattutt­o per una Nazionale offensiva che tende a scoprirsi e subire le ripartenze. Pellegrini darebbe fisico, dando per scontata la conferma dell’eccellente Barella (ma non è escluso che il romanista prenda il suo posto). Oltre alla tattica però ci sono uomini e personalit­à: quando ci siamo trovati allo «spareggio» abbiamo quasi sempre trovato la forza di dare più di quanto avevamo. Per Mancini questo esame è arrivato prima del previsto: ma è il nuovo calcio, bellezza.

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Lorenzo Insigne, 27 anni GETTY
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