La Gazzetta dello Sport

PURA EMOZIONE DA CAMPIONI ANTICHI

- Di LUCA GIALANELLA

Emozioni e lacrime. Sono giorni così che entrano nel cuore dei tifosi. Thibaut e Vincenzo si stimano, interpreta­no questo sport nell’identico modo: dare tutto per se stessi e, soprattutt­o, per i tifosi. Ecco perché la cavalcata di 47 chilometri, aperta da Nibali sulle rampe al 16% nel tratto finale del Muro di Sormano, entra tra le grandi imprese del Giro di Lombardia. Nessuno dei due ha paura. Campioni che consumano l’asfalto, per le energie che ci mettono. Nel 2011 Nibali non era ancora Nibali, eppure scattò sul Ghisallo, tutto solo, a oltre 50 chilometri dall’arrivo di Lecco. Ripreso, critiche, ha sbagliato. No, no, no. Sono questi i germi che adesso ci consentono di restare a bocca aperta.

Thibaut e Vincenzo sono lo stesso volto di sofferenza di questo sport. Al Lombardia, il francese era arrivato terzo nel 2015 e quinto nel 2017, e in entrambi i casi aveva perso il duello diretto, fianco a fianco, con Nibali. Thibaut è un corridore antico, figlio di quella Francia che, come l’Italia, è la culla del ciclismo e rialza la testa con quel Monumento atteso tra due decenni. Vincenzo è un corridore che sarebbe stato attore protagonis­ta anche nell’epoca dei pionieri: ha, dentro, la grandezza della fatica del ciclismo.

Era il 17 marzo quando Nibali, con un colpo magistrale sul Poggio, infilava la MilanoSanr­emo. Primo e secondo nei Monumenti di apertura e chiusura: qualcosa di rarissimo, se pensiamo che l’ultimo a riuscire nella doppietta nello stesso anno è stato Merckx nel 1972, e ci sono riusciti appena in sette. Ha cullato l’impresa da leggenda. Può finalmente chiudere la pagina nera dell’Alpe d’Huez e dedicarsi a pensare al 2019 con serenità. Vincenzo e Thibaut, due giganti.

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