«Il mio Cittadella guarda alla Serie A seguendo Mennea»
●Il tecnico da più tempo su una panchina della B «Abbiamo le qualità per rincorrere i nostri sogni»
Era il 2015, Renzi era presidente del Consiglio e Mancini allenava l’Inter. Sembra ieri, ma il mondo è cambiato. Non per Roberto Venturato, da allora sulla panchina del Cittadella: nessuno in B resiste da tanto tempo.
Ci credeva?
«Sapevo che questa società punta sugli uomini e le loro capacità. Lo speravo, ma non ci pensavo: eravamo in C e volevamo tornare in B. Io sono ambizioso e ho accettato la sfida , ma qui hanno scritto lunghe pagine anche Glerean, Maran e Foscarini».
Sono passati 1.208 giorni: mai avuto momenti critici?
«Certo c’è stato, ma cose per le quali basta sedersi al tavolo per risolverle. Cose che capitano. Ma sono stati di più i momenti belli: una promozione e due playoff in B».
In 208 partite di campionato quale vuole incorniciare?
«Un Pordenone-Cittadella in C vinto 3-0 che ci ha dato convinzione e fatto partire la cavalcata verso la B. E poi il 5-1 al Verona dopo essere andati sotto».
Perché a Cittadella un allenatore si sente forte?
«Perché la proprietà e il direttore Marchetti affrontano le cose nel modo giusto. L’allenatore sente la fiducia e pensa solo al campo: il calcio è questo».
Marchetti ha giocato con lei a Treviso negli anni Novanta.
«Prima avversari e poi compagni, un rapporto cresciuto nel tempo».
Il Cittadella in A è un’utopia?
«Non è una cosa facile, ma è giusto sognare. Per la serietà e le capacità del club la possibilità c’è. Ma ci si arriva con una crescita continua, non per caso. Per noi è importante fare la B, però vogliamo crescere».
C’è un atleta che identifica questo sogno?
«Mennea non sembrava potesse battere certi avversari, ma c’è riuscito con abnegazione: mi piace come paragone». SU PIETRO MENNEA
Non avere pressioni aiuta?
«Chi fa questo mestiere le pressioni le ha, voler migliorare è una pressione che mi piace».
Spesso è polemico con arbitri: vi sentite poco tutelati?
«Non sono polemico... Sono schietto e sincero, li rispetto perché fanno un mestiere complicato. Me la sono presa solo davanti a qualche errore, ma poi è finita lì. Se siamo più bravi vinciamo noi, non credo assolutamente ai complotti».
La famiglia a Cremona, lei con
Roberto Venturato, 55 anni, a sinistra con il d.g. Stefano Marchetti e in panchina. Qui sopra il genoano Kouame, che il tecnico ha lanciato nel Cittadella PADOVASPORT-LAPRESSE-GETTY
suo padre vicino a Montebelluna. Perché questa scelta?
«Sto con lui dopo che è mancata mia madre, sono figlio unico, e viene sempre alle partite. I miei figli sono grandi, mia moglie ogni tanto viene e torno io a casa almeno una volta la settimana, senza problemi».
Proposte per andare via?
«Mai. E io sto bene qui, mi piace quello che posso fare, se mi chiameranno vedremo».
Quali i concetti del suo calcio?
«Far partecipare tutti al gioco, essere propositivi, creare gruppi con condivisione delle idee, in cui tutti possono fare tutto».
Il trequartista è poco di moda, lei lo impiega nel 4-3-1-2.
SEMBRAVA NON POTESSE BATTERE CERTI AVVERSARI, MA CE L’HA FATTA
ROBERTO VENTURATO
«Mi è sempre piaciuto avere uno o più giocatori tra le linee, mi intriga avere gente di qualità che sappia fare più ruoli».
Marchetti ogni anno vende i migliori del Cittadella e le propone giocatori poco noti. Si fida?
«E’ un grande conoscitore di giocatori, sa trovare quelli con le qualità migliori per noi. C’è un confronto, è capitato che abbia consigliato qualcosa anch’io, abbiamo ottima l’intesa».
Lei si intende di consulenze finanziarie: su quale giocatore lanciato se la sente di investire?
«Varnier mi ha colpito dall’inizio: mi dispiace che si sia infortunato, ma l’Atalanta avrà un talento con qualità importanti. E poi Kouame, sta facenco cose straordinarie al Genoa».
E’ più facile che il Cittadella vada in A o che lei torni in Australia dove è nato?
«Sono venuto in Italia che avevo 10 anni, sicuramente ci tornerò in vacanza. Spero che prima il Cittadella vada in A».