Carlsen, il predatore
IDEE STUPIDE»
AFP Carlsen ha chiuso la questione nel modo più rapido. Nel primo incontro, col bianco, ha soffocato Caruana costringendolo all’errore alla 19ª mossa e poi alla 37ª, con pazienza e lucidità. Nella seconda Caruana col bianco ha preso un certo vantaggio, ma Carlsen ha prima costruito una fortezza attorno al suo re e poi ha impostato una strategia d’attacco vincente. A quel punto, sul 2-0, Caruana avrebbe potuto salvarsi solo vincendo i due match successivi, ma anche la terza partita è stata dominata da Carlsen, che si è preso addirittura il lusso di promuovere un pedone, chiudendo con due regine. «La consistenza del livello di Carlsen nel gioco rapido è fenomenale — ha twittato ieri Kasparov —. Ognuno di noi gioca peggio nel momento in cui i tempi di gioco si accelerano, ma lui perde pochissimo, forse solo il 15 per cento del suo potenziale».
FENOMENO L’incredibile 3-0 di ieri — contro il numero 2 al mondo, che gli rende solo tre punti nella classifica internazionale — è un altro mattone nel monumento che Carlsen sta costruendo da anni. Figlio di Henrik, consulente informatico, e della signora Sigrun, ingegnere chimico, a due anni Magnus ricomponeva puzzle da 50 pezzi e a quattro montava costruzioni Lego per i bambini da 10 a 14 anni. A cinque anni il padre gli insegnò a giocare a scacchi e sebbene all’inizio non avesse mostrato grande interesse, ben presto AP GETTY emerse quella prodigiosa predisposizione che lo portò a 13 anni a diventare Grande Maestro — il terzo più giovane di sempre — e a impensierire seriamente il grande Kasparov in un match rapido e, a 14 anni, a farsi sponsorizzare da Microsoft. In quegli anni gli venne anche dato il soprannome di «Mozart degli scacchi» per la precocità del talento e la creatività del gioco. Più giovane numero 1 del mondo a 19 anni, è diventato campione iridato a 23, nel 2013, strappando il titolo ad Anand e nel 2014 ha raggiunto il massimo rating (2882).
SFRONTATO Nel frattempo ha trasformato la Norvegia in un Paese pazzo per gli scacchi e ha costruito attorno a sé un impero. Vegetariano, ha sfilato come modello e ha recitato in alcuni film, sempre con quella disinvoltura e quella faccia da schiaffi che alla scacchiera lo rendono un genio e che davanti ai microfoni gli tolgono ogni pudore. «Il mio giocatore modello del passato? Io tre o quattro anni fa» aveva detto nei giorni passati. Ieri, invece, si è tolto un paio di macigni dalla scarpa e li ha scagliati lontano. In parte contro i sopracitati dubbi di Kasparov sulla patta della 12ª partita, in parte verso le analoghe riflessioni dell’ex iridato Vladimir Kramnik, che lo aveva visto «affaticato dalla tensione, dalle battaglie, forse addirittura stanco degli scacchi». «Sulla patta penso di aver preso la decisione giusta. Per quanto riguarda Kasparov e Kramnik, hanno il diritto di avere opinioni stupide». Il ruggito del leone.