VAR IN CHAMPIONS, PERCHÉ NON È MAI TROPPO TARDI
La video-assistenza in campo verrà introdotta nelle gare a eliminazione diretta
Se ci fossero stati ancora dubbi sulla Var dagli ottavi di Champions, la mano di Fellaini che ha qualificato lo United deve averli spazzati via. Difficilmente la classifica del gruppo sarebbe cambiata: ma almeno, in caso di pari a Old Trafford, il Valencia avrebbe avuto un’ultima occasione di strappare il secondo posto. Così, invece, è stato condannato in anticipo all’Europa League. Per fortuna nei gruppi non si sono viste situazioni gravi, nel senso di classifiche stravolte, ma dall’eliminazione diretta la prospettiva cambia drasticamente: un rigore in più, o in meno, vale qualificazione e una decina di milioni. L’Uefa non si può permettere errori del genere quando ogni partita finisce al microscopio di tifosi e media. Le ultime due stagioni non sono state esaltanti dal punto di vista arbitrale, ma adesso lo strumento per migliorare c’è. Perché negarselo?
Sarebbe però sbagliato pensare a un rapporto di causa-effetto tra Fellaini e l’okay che l’Esecutivo darà alla Var lunedì, dopo il sorteggio dell’Euro 2020. Una semplice coincidenza temporale. La decisione di forzare i tempi è stata presa da un paio di mesi, quando lo stesso Ceferin s’è arreso all’evidenza che sarebbe stato autolesionista rinunciare alla moviola in campo. Ancora al sorteggio di Montecarlo non sembrava per niente convinto e lo aveva detto esplicitamente, assicurando invece la Var dai playoff del 2019. Una bella dimostrazione di pragmatismo per un dirigente non troppo incline alla diplomazia. Il segnale della svolta era stato quando, a Trento, aveva ammesso che «al Mondiale la Var era andata meglio di quanto avrei immaginato». E poi, a pensarci bene, cominciare dai campi dell’Europa più sconosciuta, ad agosto, con arbitri non d’élite, avrebbe presentato più rischi.
Dal punto di vista arbitrale non ci sono mai state grosse controindicazioni: dagli ottavi ci saranno soltanto i top d’Europa e tutti, tra Confederations, Mondiale, amichevoli e campionati, hanno confidenza con l’auricolare e gli assistenti alla tv. Più complesso il discorso tecnologico, ma fino a un certo punto: hawk-eye, la tecnologia prescelta, ha una lunga esperienza nel settore, e i broadcaster coinvolti non saranno più di sei/sette: Spagna, Inghilterra, Italia, Germania, Portogallo, forse Francia e Ucraina. Infine, gli arbitri Var lavoreranno nei camper allo stadio, non in uno studio centralizzato a Nyon, quindi il sistema sarà semplificato. In 29 partite, da febbraio, anche il calcio europeo entrerà in un futuro senza ritorno. E sarà bello, a patto di non pretendere che siano neutralizzate d’improvviso discussioni e polemiche. Cominciando proprio dalla mano di Fellaini – oggi ancora soggetta a interpretazione, da giugno sicuramente irregolare dopo che l’articolo del regolamento sarà modificato – il calcio è troppo complesso e umano per rispondere soltanto a schemi matematici. Ma può essere più giusto, questo sì.