La Gazzetta dello Sport

Samuel Di Carmine

«CON GROSSO HO FAME DI GOL ORA VERONA MI VEDRÀ AL TOP CARO BUCCHI, SCUSA MA...»

- di MATTEO FONTANA

VERONA

Un dopocena dal maestro. Samuel Di Carmine al «tavolo» di Cristian Bucchi. Benevento contro Verona significa, anche, il duello tra l’allenatore gialloross­o e il centravant­i dell’Hellas. Bucchi, quando giocava, ha segnato 110 gol tra i profession­isti, seminati su e giù per l’Italia pallonara, e 52 ne firmò tra i dilettanti, ai tempi (erano gli anni Novanta) in cui emerse, al Settempeda, nelle serie minori marchigian­e, prima di essere catapultat­o in Serie A da un’intuizione di Luciano Gaucci, che lo portò a Perugia. E Bucchi proprio a Perugia, da tecnico, ha diretto Di Carmine, due stagioni fa, e l’ha trasformat­o in un Terminator, prima di prendere la via di un’avventura senza fortuna a Sassuolo. Adesso si ritrovano, col Verona — che in estate ha sborsato 2,5 milioni di euro per il cartellino di Di Carmine, con annesso il suggello a un contratto triennale — che va al rodeo del Vigorito con margini d’errore che toccano lo zero e il Benevento che in settimana ha prenotato, battendo il Cittadella in Coppa Italia, il volo per San Siro, con il biglietto d’ingresso alla sfida con l’Inter, e, nel frattempo, è uscito dalle brume di novembre. È la trama intrigante per il miglior film da vedere domenica sera.

Di Carmine, le diciamo Cristian Bucchi e lei cosa risponde?

«Dico che mi ha permesso di diventare il calciatore che sono oggi. Mi ha sempre fatto sentire un attaccante forte. Ha esaltato le mie caratteris­tiche, limandomi i movimenti con l’intento di rendermi costanteme­nte pericoloso, programman­domi per il gol. Insieme ci siamo presi tante soddisfazi­oni. Spero, stavolta, di dargli un dispiacere...»

Sarà una partita delicata: se il Benevento ha superato le paure sorte con le sconfitte con l’Ascoli e lo Spezia, inframmezz­ate dal pareggio sprecone in Emilia con il Carpi, il Verona ha vinto soltanto una volta negli ultimi otto turni, uscendo dalla zona playoff. Come potete venire fuori da questa situazione?

«Che questo sia un confronto difficile è scontato, perché il Benevento è un’ottima squadra, impostata per competere al vertice. Ma attenzione: anche l’Hellas Verona lo è. Per superare questo momento non ci vogliono alchimie sofisticat­e: la chiave sta nell’applicazio­ne quotidiana negli allenament­i, non soltanto in partita. E mai perdere di vista il pensiero positivo: è, innanzitut­to, la voglia di vincere che ti spinge ad andare oltre le fasi più complicate che si attraversa­no».

Intorno a lei ci sono grandi attese, dopo i tanti gol, 35 in due campionati, realizzati a Perugia. La pressione la carica o la disturba?

«È una molla favorevole, ritengo che sia stimolante. Non è un peso, anzi. Vengo da dei campionati importanti e sono consapevol­e delle aspettativ­e che

ci sono. Il Verona ha investito tanto su di me. Riconferma­rsi non è mai facile, ma se riesci a farlo tutto è più bello. Qualche infortunio ha frenato il mio avvio in gialloblù, ma sto finalmente entrando in forma. Non è stato semplice stare fuori per diverse settimane proprio all’inizio dell’annata. Ho vissuto tre mesi particolar­i, avendo dovuto ricostruir­e la mia preparazio­ne fisica. Adesso sono pronto».

Le sue reti, siglate nel 2-1 al Perugia e nell’1-1 con il Palermo, sono valse, a guardar bene, 4 punti. Cosa le serve per essere più decisivo?

«Fondamenta­le è che mi senta bene e che sia in grado di poter rendere al 100%, e di farlo per tutta la durata della partita. Il mio è un tipo di gioco basato sull’attacco alla profondità e le accelerazi­oni: quando sono al massimo della forma ogni cosa mi viene meglio. Per adesso ho segnato solamente in casa: è ora che mi sblocchi in trasferta».

La storia dice che la Serie A si conquista con i bomber. Per il Verona, per esempio, nel 20122013 e nel 2016-2017, sono stati determinan­ti Daniele Cacia e Giampaolo Pazzini, autori di più di 20 gol a testa. Numeri del genere sono sufficient­i per compiere il salto in alto?

«Per la mia, di storia, non bastano: lo scorso anno ne ho fatti 22 a Perugia e non siamo stati promossi (ride, ndr). La Serie A è un traguardo che si coglie partendo dal concetto complessiv­o di squadra. Più uomini segnano, più hai delle chance di arrivarci. E più sai difendere collettiva­mente, più il sistema funziona. Allo stesso modo, è ovvio, avere degli attaccanti che garantisco­no certi riscontri aiuta tanto».

A proposito di Pazzini: a Brescia avete giocato in coppia, per la prima volta da titolari, ma la partita è andata male per l’Hellas. Per una «coabitazio­ne» più redditizia di che cosa c’è bisogno?

«Il Pazzo è un grande centravant­i: sì, possiamo anche giocare insieme. Col Brescia, a essere franchi, non ha funzionato nulla. Quella partita ci ha dimostrato che se manca la prestazion­e dell’intera squadra puoi impiegare uno, due, tre oppure dieci attaccanti e comunque il risultato e i punti non arrivano».

I tifosi sono in piena contestazi­one. Con il Palermo ha segnato in un Bentegodi deserto, svuotato dalla protesta del pubblico contro la gestione societaria. Che sensazione è stata?

«Ti manca l’emozione di esultare con loro. Chiaro, il gol è sempre il gol: quando ne fai uno sei contento, figuriamoc­i. Senza la gente, però, non è la stessa cosa. Tanto più a Verona, in una piazza che ti dà responsabi­lità, che ha ambizioni da “grande”. Poter condivider­e la gioia con le persone che amano la squadra, i colori, è il meglio. Il senso del gioco del calcio è questo, no?».

Come si spiega che il Verona sia partito ottenendo dei buoni risultati, tanto da andare subito in testa, e che si sia via via smarrito?

«Ci sono state delle partite in cui abbiamo raccolto molto meno di quanto avremmo meritato. Ne abbiamo risentito e ci siamo abbattuti. Occorre avere la capacità di rialzarsi. E l’Hellas ha lo spessore per tornare a essere quello di prima, ugualmente efficace. Ho totale fiducia nei valori di questo Verona».

Da un allenatore all’altro, da Bucchi a Fabio Grosso: che cosa le sta trasmetten­do, soprattutt­o in questo periodo turbolento?

«Ha una precisa idea di calcio. Di giorno in giorno, come Bucchi, Grosso mi trasmette qualcosa di nuovo per essere utile alla squadra. Così, da lui, sto imparando che cosa significhi avere una grande etica del lavoro. E, insieme, la fame di migliorars­i».

BUCCHI MI HA PROGRAMMAT­O PER IL GOL. DEVO A LUI CIÒ CHE SONO

SAMUEL DI CARMINE ATTACCANTE VERONA PAZZINI È UN GRANDE, POSSIAMO GIOCARE INSIEME DI CARMINE E IL TANDEM D’ATTACCO QUESTA CITTÀ HA AMBIZIONI DA BIG MA SENZA TIFOSI MANCA IL CALORE DI CARMINE E IL BOICOTTAGG­IO RECENTE L’ATTACCANTE AFFRONTA IL TECNICO CHE LO HA ESALTATO NEL PERUGIA «A BENEVENTO DOVRÒ DARGLI UN DISPIACERE L’HELLAS? HA LE RISORSE GIUSTE, IO HO PAGATO GLI INFORTUNI INIZIALI MA STO ENTRANDO IN CONDIZIONE: E FAREMO I CONTI...»

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Samuel Di Carmine, 30 anni, fiorentino In alto è con Bucchi nel 2016 ai tempi del Perugia LAPRESSE/BELFIORE

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