RIVER-BOCA A MADRID FINALMENTE SI GIOCA
●Il Superclasico più contestato di sempre stasera al Bernabeu. Respinto dal Tas l’ultimo ricorso del Boca
Ametà pomeriggio di ieri il Tas ha emesso un comunicato nel quale spiegava di aver respinto la richiesta avanzata dal Boca Juniors: la vittoria a tavolino della finale della Copa Libertadores. Il «gemello» Barros Schelotto aveva appena chiuso il suo ultimo allenamento a Las Rozas e i suoi uomini avevano ricevuto il fumoso e rumoroso abbraccio dei tifosi fuori dall’albergo madrileno. Un surreale doppio binario: i dirigenti intenti a cercare il trionfo per via legale, la squadra a prepararsi per affrontare la finale più lunga della storia della Libertadores.
UN MESE ASSURDO Stasera al Bernabeu dovremmo chiuderla, questa finale inedita in 58 anni di competizione e caricata di significati mitologici che gli uomini nella loro pochezza non hanno saputo sostenere. Dovremmo perché questo mese di Boca-River ci ha tolto ogni certezza. Si è iniziato il 10 novembre scorso, alla Bombonera, senza i tifosi del River: diluvio universale e rinvio di 24 ore. Il primo atto è finito 2-2: i gol in trasferta non valgono doppio e allora oggi ci dovrà essere un vincente, in 120’ o ai rigori. Il ritorno si doveva giocare il 24 novembre, al Monumental, senza i tifosi del Boca. Pietre e gas urticanti hanno mandato un paio di giocatori del Boca all’ospedale e sparso sdegno internazionale sulla finale. Rinviata al giorno dopo, con i tifosi allo stadio per la quarta volta, e poi spostata a 10.000 chilometri di distanza, al Bernabeu offerto da Florentino Perez al presidente della Conmebol.
SCIPPO E UMILIAZIONE Il Boca non ha ancora finito di cercare la vittoria a tavolino: c’è in ballo un ricorso che potrebbe proliferare post mortem, dopo la finale in caso di sconfitta Xeneize. Potete immaginare che contenti siano quelli del River, che hanno perso la finale al loro Monumental, che sono costretti a giocare con i tifosi del Boca presenti e che vedono i rivali manovrare a livello istituzionale. Indignati come tutti gli argentini che si sentono umiliati socialmente, politicamente ed economicamente da questo «scippo» transoceanico al quale assegnano una connotazione colonialista, con modi da «conquistadores».
BASSO PROFILO Sono felici soltanto le migliaia di argentini di Madrid, di Spagna d’Europa. Che a Buenos Aires non potevano andare e che stasera ci saranno. A godersi una partita senza grandi figure: nel River sognano con il Pity Martinez che probabilmente andrà a giocare nella Mls, non esattamente la terra promessa del calcio, e nel Boca sono ancora legati all’Apache Tevez, che è il più tosto, il più autorevole, il più hincha di tutti, ma ha un’età e salvo miracoli sentimentali partirà in panchina. Gallardo ha un solo attaccante, Pratto, perché Santos Borrè è squalificato e Scocco infortunato (si sperava in un recupero che pare non sia avvenuto) e si affida al veterano Ponzio, passato ai margini della Liga una vita fa. Vediamo se gioca il giovane Palacios, che piace al Madrid. Barros Schelotto invece di attaccanti ne ha parecchi e deve fare delle scelte che condizionano anche il modulo, fluttuante. Ma non è che abbia tra le mani dei campioni. La promessa è Pavon, asfaltato dalla Francia ai Mondiali, il rimpianto, perché frenato dagli infortuni, Gago, che al Bernabeu non ha lasciato grandi rimpianti.
IL SILENZIO Su questa finale assurda sono state dette una montagna di cose negative e ieri, quando si poteva finalmente parlare di calcio e puntare i riflettori su qualcosa di positivo, il calcio, le due squadre hanno deciso di non fare nulla per la stampa. Elogio dell’anormalità, sperando che stasera ci sia davvero l’epilogo di questo interminabile Superclasico.