La Gazzetta dello Sport

Lentini «IL TORINO ERA MIA MADRE A BERLUSCONI DISSI 4 NO...»

L’EX ALA RACCONTA IL TRASFERIME­NTO MONSTRE CHE NEL 1992 FECE DISCUTERE L’ITALIA: «SONO STATO IL CR7 DELL’EPOCA»

- di Mario Pagliara GIGI LENTINI SUL TORO DI MAZZARRI

Gigi Lentini, che anni incredibil­i sono stati quegli anni… «Pazzeschi e formidabil­i. Poteva accadere di tutto... Io non sono in grado di dire se quella fosse un’Italia migliore, ma posso garantirvi che si vivevano dei momenti incredibil­i. E io ne sono il testimone vivente: se dovessi raccontare a un ragazzino di oggi la mia storia, probabilme­nte non mi crederebbe. Ebbi come la sensazione di essere dentro uno di quei film americani. Invece era sempliceme­nte la mia vita. Calata in quel contesto, in quell’Italia».

E allora proviamo a ricostruir­e quegli anni: irrompeva il berlusconi­smo, e gli italiani avevano un’incredibil­e fame di benessere. E poi aggiunga lei il resto…

«E poi l’Italia era il centro di tutto. Nella politica, nell’economia, di riflesso nel calcio. È stata la nostra età dell’oro: scusate, ma secondo voi quel era il motivo per cui tutti i migliori calciatori del mondo venivano da noi? Perché eravamo il top. C’era la Serie A e poi tutto il resto, l’Italia era il calcio nel mondo, oggi non è più così».

E in quella Italia irrompe Silvio Berlusconi.

«Fu una naturale conseguenz­a: in quegli anni, il calcio era rappresent­ato soprattutt­o dal Milan. C’era la Milano da bere perché Milano dominava su tutto da un punto di vista economico. Fu il contesto ideale per far emergere una persona del calibro di Berlusconi, il calcio fu lo specchio di quella società: c’era Berlusconi da una parte e tutto il resto d’Italia dall’altra. Con quel Milan non si poteva competere, era la migliore società del mondo, per il valore dei giocatori e la potenza economica. Da quel momento è cambiato il calcio».

E c’era un rapporto stretto tra calcio e politica…

«È vero, tutti i presidenti entravano in politica. Lo fece Berlusconi, lo fece Borsano a Torino. Non so darmi una spiegazion­e, forse era il vento di quel periodo che spingeva a farlo».

Lei si sentì un po’ il simbolo di una nuova Italia che emergeva?

«In qualche modo sì, perché un trasferime­nto come il mio non si era mai visto».

La sua cessione al Milan fu il primo colossale affare miliardari­o del calcio: fu un po’ il Cristiano Ronaldo della sua epoca?

«Non voglio esagerare ma, con le dovute proporzion­i, io sono stato di più perché in quegli anni era impensabil­e l’acquisto di un calciatore a quelle cifre: oggi è normale spendere 70, 80, 100 milioni per un giocatore, quasi più nessuno ci fa caso. Invece quando io andai via da Torino scoppiò un pandemonio, mamma mia che ricordi». Milan non vado più, torniamo indietro”. Momenti di panico, i procurator­i chiamarono papà: “Gigi è impazzito”, avevano le mani nei capelli. Il tempo stava scadendo... Infine mi convinsero e oggi non mi pento: ci sono offerte che non si possono rifiutare. Se avessi seguito il cuore, sarei rimasto al Toro».

Com’è stato il suo rapporto con Berlusconi?

«Dopo che chiuse l’accordo con Borsano, con me è impazzito: gli ho detto di no almeno quattro volte prima di accettare il Milan. Lui non comprendev­a il mio rifiuto. Al Milan ho scoperto un Berlusconi attentissi­mo, premuroso, faceva tutto in funzione della vittoria. E più si vinceva più lui voleva vincere».

C’è un tratto di Berlusconi che ritrova nel presidente Cairo?

«Credo che nelle ambizioni si avvicinino molto».

Le piacerebbe tornare nel calcio, magari proprio nel Toro…?

«Sì. Anzi mando un messaggio al presidente Cairo: mi sento pronto per fare qualcosa nel Toro, in società. Forse lui non vede bene il rientro delle bandiere ma proviamo a incontrarc­i, può nascere qualcosa di buono».

Cosa è stato per lei il Toro?

«Tutto. Una mamma. Mi ha reso un giocatore di alto livello. Sarò sempre grato al Toro».

E il Milan?

«La possibilit­à di coronare il sogno di essere al top per vincere qualcosa di importante. Mi resterà per sempre il rammarico di aver perso la finale di Champions con il Marsiglia. Poi arrivò quell’incidente terribile in autostrada che mi ha frenato la carriera. Avrei potuto raccoglier­e molto di più con il club e la Nazionale, mi giocai il Mondiale americano del ’94».

Oggi c’è Milan-Toro: avrebbe creduto di ritrovarle a questo punto al 4° e al 6° posto?

«Scommesso no, però lo avrei sperato. Entrambe stanno facendo bene, devono acquistare solo più continuità. Spero che possano durare fino alla fine».

Per l’Europa il Toro può farcela?

«La squadra è forte, aiutata da un campionato che non corre: non è un obiettivo proibitivo».

Nella corsa Champions qual è il valore aggiunto per il Milan?

«Sicurament­e Higuain, e credo che non abbia ancora dimostrato tutto il suo valore. Gli consiglio di essere più tranquillo».

Il veterano Mazzarri a confronto con l’emergente Gattuso... banco loro?

«Mazzarri ha sempre centrato gli obiettivi, per Gattuso è il primo vero anno, vediamo cosa riuscirà a fare. Caratteria­lmente un po’ si somigliano, due belli grintosi».

A destra Suso e Iago Falque: faranno saltare il

«Entrambi mi piacciono tantissimo: incisivi, fantasiosi, uno spettacolo vederli giocare. Saranno loro a deciderla».

Ha fatto bene Cairo due anni fa a rifiutare l’offerta del Milan per Belotti?

«Cairo fece una scelta per il popolo, rifiutando tanti soldi, e fece bene. Poi Belotti si è infortunat­o e mi dà l’impression­e di non essersi ripreso del tutto, ma in lui credo ancora».

Il Toro incrocia oggi il Milan, poi la Juve: cosa ci dirà?

«È una grande possibilit­à, se attraversa indenne il mese del fuoco farà il salto di qualità».

HIGUAIN PUÒ E DEVE DARE DI PIÙ, BELOTTI SI PRENDA IL FUTURO GIGI LENTINI SULLE PUNTE DI MILAN E TORO

I RICORDI

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«Se non fosse stato per quell’incidente, col Milan avrei raccolto di più»

SE PASSA INDENNE QUESTO MESE DI FUOCO FA IL SALTO DI QUALITÀ

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1 Gigi Lentini in maglia granata e (2) in maglia rossonera.3 Con Adriano Galliani alla presentazi­one nel Milan. 4 In ospedale dopo lo spaventoso incidente del 1993. 5 La sua Porsche distrutta
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