A TUTTA VAR DOVE SI FERMERÀ?
Dopo il calcio, la pallanuoto
Alzi la mano lo sport che non s’è ancora «varizzato». Pure la pallanuoto non può più farlo: la Fina, la federnuoto internazionale, ha deciso l’introduzione della prova tv per il gol-no-gol e per episodi di violenza e brutalità. D’altronde c’era da aspettarselo: una volta Humprey Bogart diceva è la stampa, bellezza! E tu non puoi farci niente! niente! Oggi potrebbe reinventare una delle frasi più celebri della storia del cinema in questo modo: è la tecnologia, amico mio, rassegnati. Persino il recalcitrante calcio s’è messo a correre su questa strada con l’Italia che per una volta ha fatto da pilota della sperimentazione: ora pure la prudente Uefa ha accelerato i tempi e battezzerà la sua Var negli ottavi di Champions. Tutto e tutti vanno di fretta verso il nuovo mezzo tecnologico: il ciclismo lo rafforzerà nel 2019 dopo le prime esperienze, già con qualche vittima (vedi squalifica di Moscon al Tour), di questa stagione.
Parliamoci chiaro: è un percorso inevitabile. Diversi anni fa, ci capitò di leggere una favoletta sul tramonto della macchina da scrivere. A un certo punto del raccontino, le parole scendono in sciopero per difendere la vecchia amica ormai ridotta, nel migliore dei casi, a una nostalgica pensione in soffitta. Ma la protesta finisce male, il computer sta ormai dilagando, bisogna prenderne atto, pure le lettere si arrendono. Ripetiamo: indietro non si torna. Perché il problema non è quello dell’utilizzo della tecnologia, basta la sua esistenza per cambiare gli occhi con i quali vediamo lo spettacolo. E poi la sofferta accettazione del nuovo mezzo in campo calcistico ci ha fatto dimenticare che la Var, o i suoi antenati, è quasi maggiorenne. Instant replay, videocheck, occhio di falco, possiamo chiamarla come vogliamo, ma ormai ogni sport ha la sua tecnologia e l’arbitro non è più l’esclusivo titolare delle decisioni. Football, baseball, tennis, hockey, handball...Quanto al basket, fra i primi a debuttare, nell’ormai vecchio 2005 la Fortitudo Bologna vinse lo scudetto con Milano proprio grazie all’instant replay sul tiro da tre di Ruben Douglas.
Poi è chiaro che c’è Var e Var. E qui il discorso si fa più complesso perché le soluzioni trovate sono diverse: il calcio, per dire, ha alzato per ora la diga di un utilizzo riservato solo all’arbitro e ai suoi assistenti video, mentre in altri sport è l’allenatore o il capitano a poter sollecitare l’intervento. Dove ci fermeremo? Cioè, il grande fratello tecnologico si accontenterà di fare il gregario o diventerà capitano sovvertendo i rapporti di forza? In fondo se siamo già nell’era delle automobili che si guidano da sole, ci si potrà sorprendere se un giorno basterà scaricare l’ennesima app su un’avveniristica telecamera con cento occhi e lasciarsi dirigere dal robot di turno?
82 anni fa, alle Olimpiadi di Berlino, fu organizzato il replay meno... instant del mondo. Leni Riefenstahl, la regista incaricata da Hitler di girare il kolossal «Olympia», nonostante i suoi 60 operatori sparsi fra le gare «bucò» clamorosamente il salto con l’asta del decathlon. Convinse allora il vincitore, lo statunitense Glenn Morris (aiutò la causa un colpo di fulmine fra i due), a tornare in pedana di notte con i suoi rivali per simulare le scene di gara, un vero e proprio «falso», seppure d’autore. In tempi di var di tutti i tipi, il ricordo «archeologico» dei primi rapporti fra sport e video ci fa sorridere. Fra 82 anni che cosa si dirà delle nostre varie Var di oggi?