La Gazzetta dello Sport

INTER E SPALLETTI L’ORA PIÙ BUIA

Anche il Napoli lascia la Champions con rimpianti

- Di ANDREA DI CARO

Volevamo fare il pieno, proseguiam­o con il serbatoio a metà. In Champions continuano le sole Juve e Roma, qualificat­e dal turno scorso. Escono Napoli e Inter, ma in modo profondame­nte diverso.

Ad Ancelotti, che lascia la «sua» Coppa per differenza reti, resta la grande amarezza dopo aver giocato un girone a testa alta: il Liverpool gli è stato ancora fatale. I reds forse non hanno meritato rispetto al Napoli nel bilancio delle sei partite (tutte perse quelle fuori casa da Klopp), ma hanno sicurament­e meritato di vincere la partita secca. L'unica «colpa» per il Napoli è essere arrivato a giocarsi tutto, in un «dentro o fuori» che sembrava una finale, ad Anfield contro la squadra lo scorso anno finalista di Champions e attualment­e prima in Premier davanti al Manchester City di Guardiola. Una impresa uscirne indenni. Avesse vinto come avrebbe dovuto e potuto nella prima gara a Belgrado oggi non staremmo qui a piangere lacrime amare. Ma al Napoli era complicato chiedere di più in un girone con Liverpool (battuto al San Paolo) e Psg (due pareggi di cui uno a Parigi, che ancora grida vendetta per il gol all'ultimo secondo di Di Maria). Il Napoli deve essere triste, ma non deve avere rimpianti: ha fatto il massimo o quasi. Il valore della squadra e del suo tecnico potranno essere decisivi in Europa League. Per qualità di gioco il Napoli era sicurament­e una delle quattro italiane che avrebbe meritato di andare avanti, ma il calcio vive di risultati e non solo di bellezza. Restano negli occhi le occasioni nel finale di Callejon e di Milik, ma come non ricordare anche le due clamorose chance fallite da Mané e la mole di gioco condita da tanti pericoli messa in vetrina da Salah e compagni? In casa il Liverpool sa mettere una pressione sugli avversari che è difficile sostenere a lungo.

Diverso il discorso per l'Inter e Spalletti: tutte le partite del suo girone sono state sofferte, faticose, spesso avare di gioco (fatta eccezione per la trasferta in Olanda). L'inter ha subito in tutte e quattro le partite contro le avversarie più forti (Tottenham e Barcellona): anche quando ha vinto nel recupero contro gli Spurs e pareggiato in rimonta contro Suarez. Nonostante limiti e difficoltà, compensate con grinta e cuore più che col gioco, con un successo ieri in casa, contro il Psv già eliminato, l'Inter sarebbe arrivata agli ottavi. Ma chi è causa del suo mal... Non aver vinto con una squadra alla sua portata, ed essere stata costretta ancora una volta a recuperare il risultato a San Siro come nelle precedenti partite di Coppa, dimostra che questa qualificaz­ione l'avrebbe sicurament­e meritata il popolo nerazzurro, ma non tecnico e squadra. A segnare ancora una volta è stato Icardi, l'unica vera risorsa offensiva, ieri sostenuto al meglio solo da Politano. Già, Icardi: al di là del gol segnato e della prestazion­e, ci chiediamo ancora se sia stato opportuno che il capitano della squadra sia andato a Madrid a vedere il Superclasi­co River-Boca come un tifoso argentino qualsiasi, sobbarcand­osi un viaggio notturno a meno di 48 ore dalla gara più importante dell'Inter. È questo l'esempio da dare ai compagni? Si prepara così una partita di vitale importanza? Il problema non è quanto quel viaggio abbia inciso: è una questione di immagine, regole, comportame­nti. Marotta, che tra poco si insedierà ad Appiano, a -14 dalla Juve e ora in Europa League avrà molto da lavorare: non solo per migliorare la squadra e valutare con molta attenzione il lavoro del suo allenatore, ma anche per mettere regole e paletti.

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