La Gazzetta dello Sport

È INNANZITUT­TO UN ATLETA E HA DEDIZIONE: UN VERO CAPITANO

«PAVEL ERA PER I TIFOSI QUELLO CHE È ORA RONALDO: IMPEGNO, DISCIPLINA, L’UOMO CONTA PIÙ DI TUTTO»

- L’INTERVISTA di FRANCESCO VELLUZZI INVIATO A UDINE

CENTROCAMP­ISTA UDINESE

Approfondi­mento degli automatism­i, sinapsi, amore, coraggio, emozioni, errori. Nel vocabolari­o di Davide Nicola, nuovo tecnico dell’Udinese, ricorrono queste parole. Voleva restare in A, per rispetto della sua gavetta. Ci è rimasto. Anche perché ama in modo maniacale il lavoro che fa.

Nicola, cos’è per lei il calcio?

«Uno spaccato della vita. Il mio sport preferito perché ha tutti gli ingredient­i per crescere e migliorars­i».

Lo scorso 26 dicembre, prima di Inter-Napoli, è successo di tutto, un tifoso è morto. Lei ha giocato e allenato in tante piazze calde. Che riflession­e?

«Le faccio una domanda: cos’è per lei il tifo? “Amore per la propria squadra”. Ha risposto: chi ama non fa del male, questo è l’amore».

Parliamo d’amore. Lei sottolinea spesso l’idea di emozionare lo spettatore. Sembra un concetto inglese, la gente che va negli stadi lì si emoziona.

«Lì c’è un diverso approccio alla cultura sportiva. Mi ha colpito il fatto che in Inghilterr­a non si metta mai in dubbio l’impegno, il rispetto dell’avversario. In Italia è diverso, più complesso, c’è grande competenza e velocità di pensiero. Tanti movimenti condivisi, in Europa c’è un calcio fatto più di transizion­i».

Come si regalano emozioni agli spettatori?

«Facendoli rendere conto del lavoro che hai fatto e stai facendo. Se lei fosse un tifoso cosa vorrebbe? “Che la squadra dia il massimo e faccia bene”. Ecco. Io devo sentirmi rappresent­ato, far capire che sei lì per loro, che ci tieni, che hai coraggio, identità di gioco. Voglio che la gente si appassioni».

Che ambiente ha trovato a Udine?

«Preparato, strutturat­o, organizzat­o con competenza elevata. Sono contento di essere arrivato in questo club. Si trattava di coordinarc­i e parlare la stessa lingua. C’è stata un’intesa naturale. Io ho portato il mio staff, cinque persone, uno staff umano. Siamo una famiglia, siamo cresciuti insieme. Ma collaboro pure con dei ricercator­i del dipartimen­to di Informatic­a dell’Università di Pisa, Pappalardo e Cintia, che hanno sviluppato modelli per l’analisi predittiva nel calcio. Il calcio cambia, si evolve: sono curioso e cerco di unirmi a chi rappresent­a l’eccellenza nel proprio campo».

Che squadra ha trovato?

«Un gruppo che voleva mettersi a disposizio­ne per uscire da un momento difficile. La salvezza sarà la conseguenz­a del raggiungim­ento degli obiettivi che stiamo perseguend­o. Col lavoro, la chiave di tutto».

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IL NUMERO le persone con cui lavora Nicola: «Uno staff umano. Siamo cresciuti insieme, come una famiglia»

Cosa c’era da fare?

«Innanzitut­to trovare una solidità difensiva. E un equilibrio. Per ogni processo di apprendime­nto ci vogliono dai 21 ai 30 giorni. Bisogna arrivare a fare

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