Nessun boato e due striscioni contro i «buu» e la squalifica
●Così i tifosi: «Punizioni prive di coerenza» Marotta: «Problema sociale, non sportivo»
Un’ora ora prima di InterBenevento due ragazzi, evidentemente poco informati ma soprattutto assai poco colpiti dal deserto assoluto intorno al Meazza, si avvicinano a uno dei cancelli dello stadio e domandano: «Dove si acquistano i biglietti?». No, non si acquistano. Porte chiuse sanzione numero uno: fatta. Il Meazza per una sera è solo nelle urla dei giocatori in campo, in quelle di Luciano Spalletti e Cristian Bucchi, è nello striscione al centro del campo «Fratelli del mondo dal 1908», è in un gol a cui non segue il boato, è negli applausi dei 400 ospiti dei due club presenti. Quelli del Benevento, verso la fine del secondo tempo, provano pure a spingere la loro squadra in attacco: «Strega, strega!».
STRISCIONI Surreale eppure tutto vero, per la prima delle due partite senza pubblico a cui è stata costretta l’Inter dopo i cori razzisti nei confronti di Koulibaly in occasione di Inter-Napoli dello scorso 26 dicembre. La seconda - al netto del primo anello arancio riservato ai bambini - sarà contro il Sassuolo, mentre a questo punto la gara senza i tifosi del secondo anello verde sarà quella contro la Lazio di Coppa Italia. Tifosi che fuori dallo stadio, prima della partita, hanno
appeso un paio di striscioni che così recitavano: «Contro il razzismo, contro la violenza, contro punizioni prive di coerenza» e «La maggioranza non ha ululato... ma un suo diritto è stato calpestato». Sentimento condiviso dalla società nerazzurra, che per motivi politici non ha presentato ricorso, ma ancora una volta per bocca dell’a.d. Sport Beppe Marotta ha tenuto a prendere le distanza dalla squalifica: «Le colpe del razzismo negli stadi non sono solo dello sport, ma è un problema della società civile — ha detto l’a.d. nerazzurro —. Ci vuole la collaborazione del governo e dei vari enti perché si crei cultura. L’Italia non è un Paese razzista, vanno deprecati questi fatti ma non è giusto squalificare uno stadio quando il 95% dei cittadini ha diritto ad assistere a uno spettacolo importante». Come quei due ragazzi di cui sopra.