L’INTER RIEMPIE SAN SIRO DI GOL
●Senza tifosi dopo i buu razzisti, i nerazzurri chiudono la pratica Benevento in 7 minuti: in gol anche Dalbert e 2 volte Candreva. Ora la Lazio
Sei reti al Benevento nello stadio vuoto, con Icardi e Lautaro (2) Nei quarti la Lazio in casa. Spalletti: «Skriniar è fuori mercato»
Se ci fosse stato il pubblico, e mischiato in tribuna anche qualche agente del fondo di Hong Kong che vuole comprare il 31,05% dell’Inter, sarebbe stata una serata da non dimenticare: 6 gol avrebbero fatto sfollare la gente con un sorrisone, i signori orientali avrebbero fatto partire il bonifico (a Thohir) e i tifosi rimasti senza biglietto avrebbero ugualmente sentito la soddisfazione. Per l’abbuffata di gol e per i soldi in arrivo. Ma lo stadio è invece vuoto, spettrale, e la partita sembra così semplice (2-0 dopo 7 minuti) e finta che quando termina non si conosce il risultato. Perché Candreva segna, l’arbitro fischia gol e fine, i giocatori escono in fretta anche se non troveranno coda per lasciare il Meazza, ma Giua a centrocampo colloquia con i videoassistenti e soltanto dopo convalida il 6-2. Avesse aspettato ancora un po’, sarebbe rimasto da solo a indicarsi il punteggio.
VERO E FALSO Di vero c’è che sono state scansate alcune trappole. Presunzione, pigrizia, silenzio: erano questi i tre pericoli per l’Inter prima di raggiungere la Lazio nei quarti di Coppa Italia. Visto che non ci sono complicazioni al superamento degli ottavi per la quindicesima volta nelle ultime sedici edizioni, si può confermare che l’Inter abbia rispettato e non sottostimato il Benevento, sesto in Serie B; la squadra si è data una mossa per tenere lontano l’imbolsimento da vacanza e non si è fatta impaurire da una cattedrale deserta per motivi disciplinari. Diverse fiammate, cinque gol su sei piovono all’inizio e alla fine dei tempi, vengono mischiate a frenate istintive, con troppi tiri lasciati (venti), ma i nerazzurri restano in corsa per il secondo trofeo nazionale, l’ultimo in assoluto preso dal club, quasi otto anni fa, non l’altro ieri.
MOTIVI E PROTAGONISTI Non c’è partita per l’avvio bruciante, con il rigore di Icardi al 3’ e il raddoppio poco dopo di Candreva. Ma pure perché l’Inter impedisce in qualche modo il rientro dei campani, discreti nel portarsi nell’altra area quanto disastrosi nel proteggersi nella propria. E il percorso non cambia nemmeno dopo, perché Spalletti cambia il centravanti, togliendo Icardi all’intervallo sul 3-0 e portando più avanti Lautaro Martinez, in avvio sacrificato trequartista nel 4-2-3-1. Il Toro ha sete di gol, ne infila due e arriva a cinque stagionali, sempre a San Siro. Per lui che ci sia o meno il pubblico, cambia poco. Se Spalletti chiedeva delle risposte a questo impegno, ne trova alcune confortanti. Tipo Candreva, che da settembre a oggi aveva corso in campionato soltanto per un quarto d’ora e non di fila. L’esterno è preciso sotto porta (doppietta e rigore procurato). Buoni i primi minuti stagionali per Padelli e Ranocchia che non cambiano aspetto alla difesa, perché il lato debole è quello di Vrsaljko. Per quanto riguarda altri recuperi di ex speranze finite ai margini, vedi Gagliardini e Dalbert, meglio il secondo del primo e la rete del brasiliano (la prima in nerazzurro) è un capolavoro di corsa e tiro. Se Perisic, al solito, decide quando accendersi, ma quando lo fa propone tre assist, la convivenza tra Icardi e Lautaro non è da coppia in viaggio di nozze: l’allenatore lo sa e non li mette vicini simil 4-4-2, ma tiene Martinez dietro al capitano, quando sono insieme. E la sistemazione spiega molto.
BENEVENTO CORAGGIOSO A San Siro il Benevento festeggiò in aprile la prima e unica vittoria in trasferta della sua storia in Serie A, anche se l’avversario era il Milan. La squadra di Bucchi è tornata in B con desiderio di risalita immediata, anche se finora ha mostrato più di una difficoltà, però arrivava da sei risultati utili su sette. Il campionato ha la priorità, chiaro, e non basta la testa libera per godersi la prima volta agli ottavi di coppa seppur in un ambiente da fantasmi. Non è uno di loro Roberto Insigne, il più bravo non solo per la punizione del 4-1. E nemmeno i centrocampisti che magari proteggeranno poco però vista la situazione hanno provato almeno ad affinare il palleggio offensivo e le entrate in area. Il Benevento capisce subito che è una partita finta ma fa di tutto per credere che sia vera.