GRAVINA IL MIO CALCIO
Razzismo: stop ai primi «buu» Serie B a 20 col blocco ripescaggi
La Nazionale fa sognare. Il progetto di Mancini cresce. Abbiamo una delle squadre più giovani della storia Ora la riforma Coni è legge. Basta critiche restiamo uniti Gabriele Gravina, 65 anni, presidente Federcalcio da ottobre 2018
Cita un’antica lezione africana, secondo cui «il tempo per piantare questo albero era vent’anni fa, altrimenti il tempo migliore è adesso». Un modo per dire che seppure con un mandato dimezzato, l’orizzonte temporale del presidente federale Gabriele Gravina va ben al di là del 2021, quando scadrà l’attuale quadriennio olimpico. La metafora dell’albero e dei frutti contiene anche un avviso ai naviganti: «Il calcio italiano ha bisogno di interventi profondi, subito. Non c’è più tempo da perdere».
Presidente Gravina, lei rincorre riforme di lungo respiro, ma il nostro calcio vive quotidianamente di emergenze che richiedono decisioni eccezionali: l’ultima è il razzismo negli stadi. Cosa sta studiando la Figc?
«È innanzitutto un problema culturale, su cui dobbiamo lavorare tutti insieme, associazioni sportive e istituzioni del Paese, sensibilizzando le famiglie e le scuole. La prevenzione è fondamentale, noi nel nostro piccolo ci stiamo avvicinando all’Europeo Under 21 con un ciclo di lezioni di educazione sportiva nelle classi. Sulla repressione del fenomeno, rispetto le idee del ministro Salvini, ma la Figc deve seguire le indicazioni di Fifa e Uefa. Nel prossimo Consiglio federale di fine mese, semplificheremo l’iter di sospensione delle gare previsto dall’articolo 62 delle Noif: contestualmente all’annuncio dello speaker, il gioco verrà temporaneamente sospeso e le squadre si raduneranno al centro del campo. Se i cori continuano, si va negli spogliatoi. A quel punto il responsabile dell’ordine pubblico deciderà se sospendere o riprendere la gara».
Dunque, non sarà l’arbitro a prendersi questa responsabilità?
«Lo escludo, l’arbitro deve fare l’arbitro. È impensabile che debba essere lui a prendersi la responsabilità di mandare a casa 50mila persone».
E chi dovrà segnalare i cori razzisti?
«Ci sono i collaboratori della Procura federale e il funzionario del Viminale: saranno loro a segnalarli al quarto uomo e ad attivare la procedura».
Sul piano delle sanzioni, è giusto punire questi fatti con la chiusura di interi settori o stadi?
«Io credo che le responsabilità debbano essere personali, altrimenti diventiamo prigionieri di pochi delinquenti. La responsabilità oggettiva delle società è un caposaldo del codice di giustizia, ma riflettiamo se non il sia caso di attenuarla aggiungendo delle esimenti. Se il resto dello stadio, ad esempio, sovrasta i buu con segni di disapprovazione, ne dovremo tenere conto».
Il suo programma conteneva tre impegni forti: valorizzazione dei giovani, riforma della giustizia sportiva, investimenti sulle infrastrutture. A che punto siamo?
«Sulla giustizia sportiva siamo al lavoro da mesi, è il momento di prendere provvedimenti per un sistema che abbia regole chiare, tempi certi e sia gestito con forze fresche. Penso ad esempio alla creazione di una scuola di formazione che aggiorni magistrati e avvocati sulle procedure sportive, che sono uniche».
E i giovani?
«Mi auguro di non dover ricorrere a norme che ne obblighino l’utilizzo. Mi accusano di aver stoppato la crescita dei centri territoriali federali. La realtà è che i 200 inizialmente previsti sono un’esagerazione, uno spot, per poi tenerli aperti solo un’ora a settimana. Li ho fermati a cinquanta, ma rafforzandoli. Devono essere centri di eccellenza, che portino alla creazione della prima Academy federale, con una selezione dei migliori talenti dai 15 ai 18 anni, attraverso
l’organizzazione di un torneo nazionale per istituti scolastici. Vogliamo andare a prendere i più forti nelle scuole».
Restano le infrastrutture...
«D’accordo con il Credito Sportivo e la Cassa Depositi e Prestiti, porteremo avanti un’attività di revolving per aiutare le società a dotarsi di strutture moderne dove allenare e valorizzare i talenti. Quanto agli stadi, tutto ciò che può essere utile a semplificare i tempi trova il pieno appoggio della Figc. Sì ad una nuova legge ma forse le società devono abbandonare certi propositi speculativi».
Presidente, torniamo alle nostre emergenza. Cosa si sta facendo per evitare una nuova estate nei tribunali sportivi e amministrativi?
«Innanzitutto rispetto ad allora sono cambiati i protagonisti. È innegabile che ci sia stata da parte del commissario una for-
zatura normativa, oggi si ritorna a leggere le norme».
Nel frattempo, però, la querelle sul format della B continua: a dicembre avevate stabilito che la serie cadetta sarebbe tornata a 22 nel 2019-20, ma giusto qualche giorno fa l’assemblea di B ha chiesto un’ulteriore riduzione a 18. Come se ne esce?
«La B tornerà a 22, l’ho già detto con chiarezza, a meno che non intervenga una decisione del Consiglio federale con la maggioranza dei tre quarti. Non saranno consentite ulteriori fughe in avanti. Se dovessi percepire minacce di nuovi contenziosi, adotterò tutti i provvedimenti necessari. Detto questo, possiamo stabilire il percorso che porti in via definitiva la Serie B a 20 squadre, con la mia disponibilità a proporre il blocco dei ripescaggi».
Intanto, però, la grande riforma dei campionati è sempre ferma al
LAVORIAMO PER UNA GIUSTIZIA CON TEMPI CERTI E FORZE FRESCHE
I GIOVANI? UTILIZZIAMO DI PIÙ I CENTRI CHE ABBIAMO APERTO
NUOVI STADI CON ITER PIÙ RAPIDI MA SENZA MIRE SPECULATIVE
GABRIELE GRAVINA PRESIDENTE FIGC