Barty regina aborigena Parigi è australiana 46 anni dopo la Court
Vondrousova travolta: Ashleigh, stesse radici della Goolagong, domani sarà numero 2
Party Barty. Un assolo di Ashleigh. Smorzate, rovesci tagliati, le classiche volée di scuola australiana giocate dalla riga del servizio e anche una battuta che fa male (38 ace a fine torneo), alla faccia del metro e 66 scarso: in 70 minuti l’Australia torna padrona del Roland Garros 46 anni dopo Margaret Court e lo fa con la ragazza del cricket che a 18 anni stava pensando di lasciarsi tutto alle spalle per godersi una vita normale lontana da pressioni insopportabili.
Senza storia
La finale è senza storia, la favorita della Evert e della Sabatini fa emergere tutti insieme, dopo un tabellone oggettivamente in discesa, i limiti tattici e di personalità della teenager ceca Vondrousova, incapace di opporsi alle traiettorie sempre diverse della Barty, necessitata fin da ragazzina, causa statura non da valchiria, a cercare nel tennis vario e d’attacco la via per imporre il proprio gioco. Una lezione che dura appena 70 minuti, 27 vincenti a 10, e manda alle stelle Ashleigh: «Tutte le congiunzioni astrali si sono allineate, ho vissuto due settimane incredibili. Certo, quando sei bambina coltivi dei sogni, ma non avrei mai immaginato di ritrovarmi qui a coccolare la Coppa Suzanne Lenglen».
Orgoglio indigeno
Da domani, la Barty sarà numero due del mondo, una posizione che un’australiana non occupava dal 1976. Non a caso, si trattava di Evonne Goolagong, la più grande tennista di sempre con radici aborigene, le stesse della fresca vincitrice del secondo Slam stagionale. Fu proprio lei, nel 2010, a rivelare al mondo l’esistenza di una fanciulla terribile che sarebbe diventata fortissima: l’anno dopo Ashleigh avrebbe vinto Wimbledon tra le juniores. La sua è una storia che comincia come tante altre: i genitori che la portano al circolo sotto casa a cinque anni, la prima racchetta di legno per tirare ore e ore contro il muro, il mentore (Jim Joyce) che la accoglie nel gruppo degli allievi anche se non è ancora in età. A nove anni si allena con quelli di 15, a 12 scambia con gli adulti. Ma dietro un talento sconfinato, si cela una personalità sensibile e complessa, con sfumature depressive:la sera del trionfo londinese del 2011 non va neppure al ballo e sale sul primo aereo verso casa. Per uscire dalla crisi si trasferisce a Melbourne (lei è di Ipswich, periferia di Brisbane), impara a vivere da sola tra bucato e cucina con l’aiuto di un ricettario preparato dalla mamma. Ma con l’esordio nel circuito delle big, va di nuovo in tilt e nel 2014 abbandona il tennis. Golf, cricket, birre con gli amici ma anche antidepressivi. Torna dopo due anni, una risalita impetuosa benedetta dalla passione della sua gente, ammirata dal suo stile brillante e dalla sua semplicità. La 51a campionessa Slam dell’Era Open vive con quattro cani, adesso che ha guadagnato 2.300.000 euro potrà forse permettersi un’automobile nuova rispetto alla vecchia Toyota, ma non perderà l’umiltà: «Siamo molto fortunati a fare sport per vivere». Tra i primi a congratularsi, appunto i giocatori della Nazionale di cricket, un’istituzione in Australia: «Che soddisfazione, li ammiro molto, ma credo che per un po’ potrò occuparmi solo di tennis». Da nuova regina di Parigi.