IL DIAVOLO E LE SUE MOLTE ANIME
Senza scomodare Schoenberg e le sue composizioni musicali, è chiaro che nel Milan di questi tempi ci sono dissonanze notevoli. «Questione di ritmi e tempi diversi», aveva dichiarato Boban al Financial Times che si interrogava sul futuro del Milan. Questione di sensazioni, ambizioni, facce esibite e parole nascoste. L’intervista di Maldini a Sky ha portato alla luce quello che si sapeva: nel Milan ci sono mondi che si parlano e altri che si comprendono un po’ meno. Si esce dalla classicità di una proprietà che per decenni è stata monolitica per approdare, dopo varie avventure, a quella di un fondo finanziario che garantisce stabilità e coperture, ma che per ovvi motivi parla una lingua molto diversa da quella del campo, elemento di Maldini e Boban da sempre.
Allo scoperto
Paolo non è uno che parla facilmente. Stavolta ha rotto gli indugi. L’espressione «mercato a zero» definisce una certa insoddisfazione. Dalla proprietà neppure una parola, Elliott mantiene il silenzio, magari dirà qualcosa l’a.d. Gazidis domani, quando durante l’assemblea dei soci sarà incalzato dai piccoli azionisti. Lo staff tecnico ha piena libertà sul mercato, ma dipende da un budget definito dalle possibilità del Milan di questi tempi. Maldini e Boban, con il d.s. Massara, godono di una libertà limitata, visto che per esempio sono mancati i soldi per il giocatore di esperienza ritenuto necessario per un gruppo giovane. Elliott fa i conti, li sa fare bene da quarant’anni, Maldini e Boban però sono i frontmen e non vogliono aspettare in eterno. «Da ex giocatori si resta competitivi e si vorrebbe tutto e subito», ha dichiarato più volte Zvone. Per Paolo invece è qualcosa di ancora diverso: «Io non faccio questo di lavoro, lo faccio qui ma non lo farò mai da un’altra parte. O resto per sempre, oppure smetterò dopo il Milan».
Gennaio si avvicina
Pioli sta cercando di mettere a posto la situazione in classifica, ma le inquietudini restano e il mercato di riparazione si avvicina. Si fanno tanti nomi, si vocifera anche il ritorno di Ibrahimovic («Zlatan potrebbe essere un sogno, forse nella sua testa c’è la paura di non essere un Ibra dominante e non so se possa accettarlo», ha detto fra Maldini a Sky), che però era già stato stoppato dalla proprietà quando c’era Leonardo, eppure la prima necessità è rinforzare una difesa che si è scoperta troppo presto vulnerabile. Con Maldini che riflette: «L’idea di ringiovanire la squadra è condivisa, come è condivisa l’idea che nessuna squadra giovane ha vinto campionato o Champions. Per farlo serve l’inserimento di calciatori di esperienza». In tutto questo, però, dove si troveranno i fondi, visto che il bilancio è gravemente in rosso? Questo è il problema di un club con molte anime. A ciascuno il suo, i responsabili dell’area tecnica restano nell’area tecnica e per questo Elliott non ribatte a Maldini, ma i problemi non mancano. Un nemico comune per la verità c’è e si chiama fair play finanziario, bersaglio di Boban da quando era dirigente Fifa. «E’ servito, ma ora si dovrebbe riformare», ha sempre detto. Da grande ricco, il Milan è scivolato nella categoria dei nuovi poveri e risalire non sarà facile, ma Elliott non si schiererà mai contro la Uefa. E finché esistono queste regole Elliott, nel caso lo desiderasse, non potrebbe comunque ricapitalizzare senza regola. A meno di non restare fuori dall’Europa ancora per anni e questo è quello che tutti vorrebbero evitare.
Compiti diversi
I ricavi commerciali diminuiscono, il costo del lavoro aumenta: ci sarà materia di discussione nell’assemblea dei soci. Bisognerebbe riuscire a vendere meglio un prodotto che non è più quello di una volta, e anche qui si possono trovare tanti colpevoli. Sono mancati i ricavi delle cessioni di alcuni giocatori, ma non solo quelli. E resta il fatto che l’impresa risalita è complicata anche per un monumento del calcio come Maldini. Meglio affrancarsi dall’etichetta: di questi tempi essere un monumento è complicato.
Esigenze Le necessità su mercato e ricavi creano orizzonti temporali diversi