INGHILTERRA, TATTICA E DISCIPLINA CIAO ALL BLACKS
I neozelandesi, in Coppa imbattuti dal 2007 e da 18 partite, soffocati dall’aggressività della squadra di mago Jones che vince 19-7 e vola in finale
La haka: l’inizio della fine. O meglio. La risposta alla haka: il principio del trionfo. Col XV della Rosa, in avanzamento prima di essere fermato dall’arbitro, disposto in formazione a «V», chiaro segnale di sfida. Giappone 2019 fa la storia: l’Inghilterra va a giocare per il titolo, gli All Blacks alla finale 3° posto. Dopo aver subito una lezione di rugby, feriti nel morale più che nel fisico. La squadra di mister Eddie Jones – trionfatore di giornata – quattro anni dopo aver mancato la seconda fase della rassegna iridata casalinga, firma un capolavoro. Di tattica e di disciplina. I tuttineri campioni nel 2011 e nel 2015, ai Mondiali non perdevano da 18 partite, dai quarti 2007 contro la Francia. E in sfide da «dentro o fuori» da 7. Avevano anche vinto 15 degli ultimi 16 scontri diretti, gli ultimi sei inclusi. Fino a Yokohama 2019, fino a un 19-7 (10-0) persino stretto.
Piano tattico
«Durante la haka siamo rimasti a rispettosa distanza – spiega capitan Owen Farrell – ma non abbiamo voluto restare passivi». Per dare evidentemente continuità all’atteggiamento di Jones nell’intera settimana di vigilia, con una sottile, ma insistita guerra psicologica: «Sono i migliori – ha ripetuto – ma sono vulnerabili». Infatti: i Blacks non hanno retto anche da questo punto di vista. Con le spalle al muro già dopo 2’ (meta di Tuilagi trasformata da Ford), soffocati dalla velocità, dalla ferocia e dall’aggressività inglese. Ritmo, pressione, solidità: in mischia chiusa come ovunque. Territorio e possesso, gioco in avanzamento e difesa altissima: la Nuova Zelanda è stata presa a sberloni anche in touche. Jones ha disegnato un piano di gioco perfetto. Studiato nel corso degli ultimi quattro anni, dall’inizio del suo mandato. E i suoi sono stati superlativi nel rispettarlo. L’Inghilterra, che mai aveva battuto gli All Blacks in ambito iridato, domani nel ranking internazionale diramato settimanalmente comparirà al primo posto, come non accadeva dal giugno 2004.
Che lezione
Gli avanti hanno dominato. La prima linea, con Vunipola e Sinckler piloni monumentali, ha demolito quella avversaria. La seconda, col solito ispiratissimo Itoje, ha svettato. La terza, guidata dalla coppia di giovani flanker composta da Underhill, fenomeno destinato a eterna gloria, e Curry, s’è mossa ovunque. Poi mediana (Ford apertura e Youngs n. 9) e trequarti perfetti, con capitan Farrell (altra scommessa vinta da Jones) tornato primo centro. E gli uomini della panchina: decisivi. La difesa ha concesso qualcosa solo sulla meta di Savea al 57’. Nonostante tutto, sul 13-7, avrebbe poteva riaprire il match. Ma l’Inghilterra è stata più forte di tutto. Anche di due mete cancellate dal Tmo: di Underhill al 25’ (velo) e di Youngs al 65’ (avanti). Senza la minima protesta. È stato il piede di Ford (5 su 6, 13 punti) a sigillare il risultato. In Nuova Zelanda è lutto nazionale: il c.t. Steve Hansen e capitan Kieran Read (126 caps) resteranno a lavorare in Giappone. In Inghilterra è festa grande, ma c’è una missione da concludere: 2 novembre 2019, la data della finale, alla quale Jones pensa dal gennaio 2016, è dietro l’angolo.