Fusione Fca-Peugeot Nasce il 4° gruppo auto
Atteso oggi l’annuncio dell’intesa alla pari tra Fiat Chrysler e l’azienda francese Fallito il patto con Renault, il Lingotto punta a recuperare nell’ibrido e nell’elettrico
Le nozze naufragate in primavera si festeggiano in autunno.
Perché oggi, a conferma delle indiscrezioni circolate sul Wall
Street Journal, verrà ufficializzato l’accordo di fusione tra il gruppo Fiat Chrysler e i francesi di Groupe Psa, ovvero Peugeot ma anche Citroen, Ds e Opel. Ieri il mercato ha subito apprezzato: il titolo del Lingotto ha chiuso in rialzo a Piazza Affari del 9,53%, a 12,87 euro. E in serata si è riunito il cda straordinario di Fca. Un matrimonio da 45 miliardi di euro di cui, appunto, si era già parlato in marzo, quando Robert Peugeot, erede della famiglia fondatrice, definì il possibile accordo «l’allineamento dei pianeti». Non se ne fece nulla.
Intanto, era nata la trattativa con Renault.
Un’operazione da 35 miliardi, che ambiva a far nascere uno dei massimi gruppi automobilistici mondiali, rivale di Volkswagen e Toyota. E che è fallita perché mancava una delle quattro condizioni richieste dal governo francese: l’assenso dei giapponesi di Nissan, con cui Renault ha un sodalizio dal 1999. Ma è fallita, anche, per i timori del governo Macron, per esempio in tema-posti di lavoro. Il nuovo accordo - «un progetto di lunga data di Sergio Marchionne», benediceva ieri Le Monde - sembra invece visto con più fiducia dall’Eliseo: che promette di vigilare «su occupazione, governance e impronta industriale della futura società» ma vede il dialogo fra i due gruppi come «conferma del movimento di consolidamento mondiale dell’industria dell’auto, che è necessario e nel quale la Francia vuole avere tutto il suo posto». A parte lo sciovinismo, oltralpe c’è chi ricorda come alla vigilia dell’annuncio di una fusione con l’alleanza Renault-Nissan, John Elkann, presidente di Fca, avesse insistito per incontrare i Peugeot, per informarli personalmente delle nozze con i rivali, poi naufragate, che avrebbero posto fine ad anni di lavoro di approccio tra le due famiglie. Rapporti tra famiglie - Agnelli e Peugeot, appunto - oltre che aziende che avevano cominciato a lavorare insieme nel 1988. Da ricordare che il governo francese è azionista sia di Renault che di Peugeot (al 12,3%). Ma altri dettagli vanno considerati: la proposta di matrimonio viene da Psa e non da Fca, come nel caso di Renault. Non è secondario, nella logica di Parigi. Inoltre, Dongfeng, socio cinese di Psa, avrebbe intenzione di cedere le quote e portare a casa una significativa plusvalenza. L’ingresso di Fca permetterebbe di assorbire il colpo.
La dote degli sposi appare sostanziosa.
Sommando le rispettive produzioni, Fca e Psa sfornerebbero 8,9 milioni di vetture: il gruppo italoamericano conta 102 stabilimenti nel mondo e 199 mila dipendenti; quello francese, 45 stabilimenti e 211 mila lavoratori. Il fatturato sfiorerà i 200 miliardi di euro, radunando quindici marchi, tra cui Alfa Romeo, Chrysler, Fiat, Jeep, Lancia, Maserati, a cui si aggiungono Peugeot, Citroen, Opel e Vauxhall. Ma questa «fusione tra uguali» (50% a testa) non si basa, naturalmente, sui sentimenti: si guarda ai benefici. Fca starebbe valutando 5 miliardi di euro di dividendi straordinari. Psa punta a portare Peugeot negli Usa, da dove il gruppo uscì nel 1991, mentre Fca ha di recente rallentato nelle vendite, ma meno di General Motors, Ford e Toyota. Al tempo stesso, il Lingotto può farsi aprire dai francesi la via della Cina e recuperare il ritardo in altri settori, ora decisivi: Peugeot ha le piattaforme già industrializzate per le auto elettriche ed è in vantaggio nell’ibrido.
Elkann assumerebbe il ruolo di presidente.
Mentre l’a.d. del gruppo francese, Carlos Tavares, ricoprirebbe lo stesso ruolo. Nel cda, del resto, cinque posti vanno a Fca e sei a Psa. La sede dovrebbe essere nei Paesi Bassi, con basi operative in Francia, Italia e Usa. Tavares, portoghese, studi a Parigi, padre di tre figli, appassionato collaudatore della automobili della casa, ha fama di tagliatore di costi. Un passato in Renault, ha rilanciato Peugeot. Nel 2016 si è alzato lo stipendio a 5,2 milioni di euro all’anno, il doppio di prima. «Me li sono meritati», rispondeva a chi lo criticava.
Il governo italiano «segue con attenzione».
Lo ha detto il ministro del Tesoro Roberto Gualtieri. I sindacati francesi sono più preoccupati: «L’operazione minaccia gli stipendi e i diritti collettivi dei dipendenti in Francia e in Italia». La Cgil chiede di «preservare occupazione e garantire sviluppo». L’automotive rappresenta il 5,6 per cento del Pil italiano. Non va dimenticato.
C’è piena attenzione di tutto il governo: rispettosi di una trattativa che fa parte delle logiche del mercato
Roberto Gualtieri
Ministro del Tesoro Un affare legittimo. Bisogna tuttavia tutelare i posti di lavoro in Italia e la forza di produrre nel nostro Paese
Michele De Palma
Segretario della Fiom Cigl