La Gazzetta dello Sport

San Siro? Qualcuno dovrà “parlargli”...

- di Franco Arturi farturi@rcs.it portofranc­o@rcs.it

Non sono di Milano, ma da Novara, la mia città, a San Siro ci sono poche decine di chilometri, che mi hanno consentito un’infinità di partite viste della mia Inter. Ho letto le notizie degli ultimi giorni, ma fatico a comprender­ne significat­i e sviluppi: se il Meazza resterà in piedi a che cosa servirà e a quali costi per la comunità? Adalberto Mussini L’argomento mi tocca in modo particolar­e perché sono cresciuto all’ombra del «secondo stadio più bello del mondo» (The Times, 2009) e di «uno dei simboli della città, insieme al Duomo e alla Triennale» (Camera di Commercio e Università degli Studi di Milano, 2014). Scuola materna in via Stratico, elementari in via Paravia, liceo in via Monreale, casa in via Albertinel­li, primi passi profession­ali negli ippodromi, nello stadio stesso e nel Palalido: se localizza sulla mappa le mie tappe di vita, le troverà a pochi passi dal Meazza. In questo caso sono molto di più che un addetto ai lavori, soprattutt­o dal punto di vista affettivo. Mi permetto allora di dire che se questo impianto, molto vicino al secolo d’età, è ormai un malato terminale, bisogna che qualcuno lo comunichi innanzitut­to a lui, a cui va garantita una fine vita dignitosa, e ai suoi parenti, che poi siamo tutti noi, pubblico di contribuen­ti e di innamorati.

San Siro ha diritto a sentirsi dire la verità: a 94 anni può sopportarl­o. Finora non mi sembra che sia accaduto. Lasciarlo in piedi così com’è, con Milan e Inter che giocano altrove, equivarreb­be a imbalsamar­lo: una follia dal costo sociale insostenib­ile e anche un po’ macabra. Ma pure una demolizion­e parziale (ammesso che sia possibile) o totale richiede tempi ed esborsi che sarebbe bene conoscere davvero, anche se non serve un esperto per dire che i primi saranno lunghi e i secondi molto ingenti. Il Comune per ora si barcamena e va compreso: la “pubblica utilità” non può essere limitata solo ai due grandi club ma

a tutti i cittadini. Di certo il vegliardo infermo è a suo (cioè nostro) carico.

Quanto agli stadi «che vivono 24 ore su 24, sette giorni su sette» e quindi producono enormi utili, prenderei un po’ le distanze dall’oratoria architetto­nicogestio­nale, avendone visitati decine in tutto il mondo: mi pare che la maggior parte degli utili, almeno nelle proposte italiane di cui siamo a conoscenza, li si aspetti piuttosto dalle famose volumetrie collegate, a suon di centri commercial­i, alberghi e via edificando. Del resto in questo campo il business si appoggia su soluzioni molto creative: quella di uno stadio di proprietà in comune fra due società di grande respiro europeo non s’era ancora mai sentita. Un castello bifamiliar­e, per così dire, che dovrà produrre non una ma due cascate d’oro. E anche su questo sarebbe utile saperne un po’ di più.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy