Juve e Inter: come i cambi... cambiano
Sarri pesca dalla panchina Higuain, Dybala e Douglas, Conte fermo ai lampi di Barella
Aveva appena perso la sfida diretta a San Siro con gol del subentrante Higuain e per parlare della panchina della Juve Antonio Conte si mise a fare il mimo. Una mano sugli occhi, l’altra a indicare immaginari giocatori: «Se chiudi gli occhi e peschi, peschi bene. Gente come Ramsey, Higuain, Emre Can, Rabiot non era in campo all’inizio». Prima cosa: aveva digerito meglio quella sconfitta che l’ultima. Seconda cosa: la scenetta riassume bene il Conte-pensiero sulla distanza fra la sua panchina e quella dei rivali. Su questo, e sul diverso peso dei non-titolari, in pochi si sono sentiti di obiettare. La rosa della Juve non ha paragoni per profondità, almeno nel nostro campionato: chi si è alzato dalla panchina, da Higuain allora a Douglas Costa mercoledì, spesso risolve problemi. In 15 partite complessive, fra campionato e Champions, è successo sei volte, con tre gol e tre assist. Il triplo rispetto all’Inter, ferma a due lampi di inizio stagione, tutti firmati Barella, uno che era un titolare ma dall’inserimento ritardato. Dal 17 settembre, data di Inter-Slavia Praga, il tecnico non ha più trovato una «giocata decisiva» fra gli uomini seduti al suo fianco.
Da Esposito a Lazaro
La sostituzione che è andata più vicina all’essere vincente è quella che ha lanciato un 17enne in Champions. Esposito nell’andata col Dortmund entrò, fece fare «oooh» con uno stop e poco dopo rimediò un rigore in fuga solitaria. L’errore dal dischetto di Lautaro non ha “sporcato” la prestazione di Seba, da 7,5 in pagella. È il picco fra i 36 voti di chi è entrato nell’Inter a gara in corso. Nel complesso ci si ferma a qualche centesimo dal 6, come media voto (5,94). Nella memoria dei tifosi resta un Politano spesso pericoloso quando entrava nei finali, il ricorso a Lukaku a Genova in 10, un paio di innesti positivi di Sensi e Candreva. Il resto dimenticabile, o indimenticabile per i motivi sbagliati, come il terribile impatto di Lazaro a Reggio Emilia, col Sassuolo vicino al clamoroso 4-4. In generale, con un modulo fisso e risorse contingentate da infortuni e impegni ravvicinati, i cambi difficilmente in questa parte di stagione hanno costituito svolte. Più spesso sono serviti per far rifiatare, provare a mettere pezze, tenere un risultato.
Il tesoro di Sarri
Diversa la situazione in casa Juve, dove l’andazzo si è visto fin dall’alba della stagione. Alla prima giornata, contro il Parma, al fianco di Martusciello (Sarri era alle prese con problemi di salute) c’erano 12 bianconeri che valevano su per giù 400 milioni di euro. Si poteva trovare un po’ di tutto: vincitori di Champions (Mandzukic), campioni del Mondo (Buffon), difensori con un grande futuro davanti (De Ligt) e numeri 10 richiestissimi (Dybala). Un caso emblematico della rosa XXL della Signora, che sperava di dare una sforbiciata negli ultimi giorni di mercato, cosa mai avvenuta. E questa si è rivelata la grande forza della Juve. I cambi (6,09 la media voto complessiva dei subentrati), spesso e volentieri, hanno fatto svoltare Sarri, che può portare in panchina uno tra Dybala e Higuain, due tra Douglas Costa, Ramsey e Rabiot, oppure scegliere tra Szczesny e Buffon. Cadendo sempre in piedi. Come a Mosca, dove ha deciso una magia di Costa, entrato da una ventina di minuti. Il brasiliano è uno dei 13 giocatori usati da Sarri a gara iniziata e ha una media voto di 7,5 da subentrato, ma con una sola presenza con voto al suo attivo, (mercoledì). Più credibile l’efficacia da «panchinaro» di Higuain. Nelle 4 gare in cui non è partito titolare il Pipita viaggia con una media voto di 6,63 con tra l’altro un gol (contro l’Inter) e un assist (contro il Torino) decisivi. La concorrenza con Dybala è stata benefica per la Juve: la Joya ha ritrovato il sorriso e Sarri ha dato libero sfogo a un turnover inappuntabile.
Panchinari Tre gol e tre assist per i bianconeri, il triplo rispetto ai nerazzurri