Atalanta-City, 4 motivi per sentirsi più ricca
Classifica, difesa, recupero palla, mentalità: così si è «liberata». E ha spostato i suoi limiti
Èmezzanotte passata già da un po’: nella sala stampa di San Siro l’adrenalina ha già sconfitto da un po’ i rimpianti, battuta a sua volta da un senso di calma che per una notte, una sola, ha il sapore dell’appagamento. Allo stesso tavolo delle conferenze dove otto anni fa friggeva senza darsi pace per una sconfitta dell’Inter con il Trabzpnspor, Gian Piero Gasperini «pesa» con lo sguardo ben più disteso lo storico pareggio con il Manchester City. Non lo definisce così, ma è come se: un patrimonio. Perché da mercoledì sera, fino a prova contraria, l’Atalanta si può sentire più ricca. In Europa e anche in Italia. Per diversi motivi.
Avanti, per esperienza
Il primo lo racconta la classifica ovviamente. Che non è l’unica cosa che conta, ma dall’altro ieri sera conta un po’ di più. Grazie a quel punto (vedi qui a fianco) l’Atalanta può ancora sperare negli ottavi di Champions o altrimenti nell’Europa League, «e sarei contento se i ragazzi potessero giocarla, per aumentare il loro bagaglio di esperienze». Negli occhi del tecnico la voglia che aveva da poco respirato nello spogliatoio: la sera del 26 novembre, ci si può già preparare, «sarà una partita senza margini». Né di calcoli, né di errori.
Il discorso dopo 45’
Secondo motivo: il messaggio che il tecnico ha trasmesso alla squadra nell’intervallo è passato alla grande. Gasperini ha raccontato di aver detto: «Il nostro massimo è un po’ più in là». In campionato era stato già toccato, o almeno sfiorato: in Champions ancora no. O comunque non il massimo che si è visto nel secondo tempo, il massimo che ha fatto credere all’Atalanta addirittura di poter vincere: detto come constatazione, prima che come rimpianto «per non aver avuto un pizzico di malizia in più, anche per disabitudine». E’ successo, ha spiegato il tecnico con l’orgoglio di chi fa della sfrontatezza uno status, quando «abbiamo tirato fuori il coraggio di chi non ha nulla da perdere e abbiamo smesso di avere troppo rispetto calcistico per il City». Se serviva, una conferma: è l’Atalanta solo se ha la faccia tosta, quella di giocare il suo calcio a prescindere.
Squadra «stappata»
Terzo motivo: la sensazione trasmessa dalla squadra - netta, quasi improvvisa - di essersi come «stappata». Due volte: prima per versare in campo tutte le sicurezze mentali e di gioco che in quel primo tempo e più in generale in Champions erano rimaste ingabbiate, o espresse senza quella continuità; e poi, spera il tecnico, per raccogliere in futuro il frutto di nuove consapevolezze. Per questo Gasperini ha profetizzato: «Siamo testardi, ma poi impariamo: questa partita ci aiuterà». Intendeva nelle prossime due gare europee, ma anche in campionato. E se quello di San Siro è stato un altro step-svolta, si capirà già domenica a Genova.
Difesa e «recupero»
Quarto motivo, il più pratico. Al tecnico non serviva la partita con il City per capire che la sua squadra sta bene fisicamente, al punto da non aver bisogno di fare cambi fino a 5’ dalla fine. Ma è servita per rivedere due capisaldi del suo gioco. Partendo da dietro: la solidità della linea difensiva, al di là della protezione del centrocampo, fotografata da un Palomino mostruoso, proprio lui che prima di mercoledì era scivolato più di una volta in errori gravi quanto determinanti. E poi l’intensità del recupero palla in mezzo al campo, «perché strapparla al City è necessario, altrimenti quelli ti fanno la testa come un pallone. Se invece li porti a giocare nella loro metà campo sono più umani». Che è come dire: non lo sono, ma li abbiamo costretti ad esserlo. Mica da tutti.