La Gazzetta dello Sport

CALENDARI INTASATI TECNICI STRESSATI, ECCESSO LIVERPOOL

In Inghilterr­a più partite 40 anni fa, in Italia il calendario si è dilatato, ma contano i soldi delle tv. E per i Reds due partite in 24 ore...

- Di Stefano Boldrini CORRISPOND­ENTE DA LONDRA

L’ultima frontiera del gigantismo del calcio è l’allenatore-2: dopo le maxirose, la squadra A e quella B, ecco il manager di riserva. Non succede in un qualsiasi Borgorosso, ma accadrà nel Liverpool campione d’Europa, impegnato il 18 dicembre a Doha nella semifinale del Mondiale per club e 24 ore prima costretto ad affrontare i quarti di Coppa di Lega in casa dell’Aston Villa. La soluzione più probabile è che a Birmingham i Reds, o meglio la versione 2, saranno guidati da Neil Critchley, coach dell’Under 23.

Analisi

Un paradosso, certo. Un caso limite, sicurament­e. Ma il dibattito «si gioca troppo» è legittimo. Lo è anche per chiarire una questione di fondo e andare oltre i luoghi comuni: siamo davvero all’overdose di football? Bisogna allargare ulteriorme­nte le rose, come invoca Antonio Conte a proposito dell’Inter, nonostante un saldo di meno 105 milioni nel mercato estivo? Dipende dai Paesi. In Inghilterr­a, la situazione non pare diversa rispetto a 40 anni fa. Nel 197980, il Nottingham Forest, vincitore della Coppa dei Campioni e della Supercoppa europea, finalista in Coppa di Lega, disputò 65 gare. Il club più usurato nel 2018-2019 è stato il Manchester City, protagonis­ta di uno storico poker – Premier, F.A. Cup, Coppa di Lega, Community Shield – e approdato ai quarti di Champions: 61 match. Il Tottenham si è fermato a 58, il Liverpool a 53.

Inghilterr­a

Quarant’anni fa, Oltremanic­a si giocava quanto ora, se non addirittur­a di più: i replay nelle coppe nazionali ingolfavan­o la stagione e la First Division era a 22 squadre. E’ mutato semmai il contesto: si è dilatata l’Europa e si è ristretta, con l’abolizione delle ripetizion­i, l’Inghilterr­a. Lo scenario internazio­nale comporta maggiori pressioni e trasferte più stressanti, ma qui bisogna mettersi d’accordo: gli introiti della Champions, e in parte dell’Europa League, sono vitali per i bilanci. Delle due, l’una: o si compie un passo indietro nel gigantismo, abbassando i guadagni, oppure si prendono i soldi e non si fiata. Anche perché ora le rose sono più consistent­i di 40 anni fa. Quel Nottingham Forest utilizzò 19 elementi: Shilton e Lloyd giocarono 4.770’ a testa tra First Division, Coppa Campioni e Supercoppa Uefa. Con League Cup e F.A. Cup, superarono quota 5.000. Nel Manchester City 2018-2019, ecco il podio dei più presenti: Ederson 4.980, Laporte 4.353, B.Silva 4.029.

Spagna&Germania

In Spagna i giocatori dei club più importanti, Real Madrid, Barcellona e Atletico Madrid, lamentano un’usura calcio. Nel Barça 2018-2019, campione della Liga, semifinali­sta in Champions, finalista in Coppa del Re, 60 impegni in totale: 54 gare a testa per Rakitic e Busquets. Messi 50, totale 4.023 minuti. In Germania la Bundesliga è a 18 squadre. La Coppa di Lega è stata abolita nel 2009. La Coppa nazionale è in partita secca e i club di Bundesliga la giocano dal primo turno: chi arriva in finale tocca quota 6. Il Bayern, che ha vinto campionato e coppa, con l’aggiunta della Champions ha disputato la scorsa stagione 49 gare.

Da noi

In Italia la situazione è certamente cambiata rispetto a 40 anni fa. La Serie A con 20 squadre e le coppe europee hanno aumentato in media di 10 appuntamen­ti il panorama stagionale delle big. Nel 1979-80, la Juve disputò 42 gare – 30 Serie A, 4 Coppa Italia, 8 Coppa delle Coppe -. L’Inter scudettata si fermò a 40. Nel 2018-2019, i nerazzurri sono arrivati a 50, la Juve a 51. Anche da noi vale però il discorso dell’Inghilterr­a: partecipar­e alla Champions significa incassare almeno 40 milioni al pronti via. In Italia poi non esiste la Coppa di Lega, torneo che sarà abolito in Francia dalla prossima stagione, perché non si è riusciti a vendere i diritti tv 2020-2024.

Fonseca

In questo contesto, la voce più onesta è stata quella dell’allenatore della Roma, Paulo Fonseca: «Sono disposto a tutto, compreso a perdere dei soldi, per giocare di meno. Ci sono troppe partite e non succede solo in Italia. Questa situazione danneggia la qualità dello spettacolo perché non si possono schierare sempre i migliori. Il sistema va ripensato». Il nodo di fondo è il principio enunciato dal portoghese: rinunciare ad una parte degli stipendi. Quanti personaggi, soprattutt­o tra i big, spesso in prima linea per chiedere ai club di svenarsi, sono disposti a ridursi il salario?

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