Vidal è il simbolo: visioni divergenti sui rinforzi “utili”
Ci sono creste che uniscono, come quella di Radja Nainggolan, e altre che dividono. Se sul Ninja club e allenatore si erano trovati sulla stessa lunghezza d’onda, pronunciando all’unisono le parole «fuori dal progetto», la cresta di Arturo Vidal rischia di diventare il simbolo di recenti visioni divergenti, se non contrastanti, sui possibili rinforzi invernali. Quando guarda Vidal Antonio Conte vede gli undici campionati vinti in carriera (tre in Cile, quattro in Italia, tre in Germania e uno in Spagna), ricorda il guerriero con cui affrontava qualsiasi battaglia ai tempi della Juve e pregusta il giocatore che tira il gruppo nelle sedute di allenamento, anche dopo notti movimentate. Quando Beppe Marotta e il resto della dirigenza guardano il cileno invece trovano gli oltre 8,5 milioni di stipendio annuale, sottolineano i 32 anni sulla carta d’identità, si prefigurano che i guai nello spogliatoio messi alla porta in estate rientrino dalla finestra via Barcellona. Insomma, non vedono lo stesso giocatore, e soprattutto hanno idee diverse sul profilo che può fare al caso di questa Inter sulla strada che «porta gradualmente al ritorno alla vittoria» (parole dell’a.d.). Dire che società e mercato sono divise da Vidal è ovviamente una semplificazione eccessiva: il tecnico non ha digerito nemmeno le rinunce a Dzeko e Llorente, e vorrebbe rinforzi pronti all’uso anche in attacco e sulle fasce. La dirigenza, da parte, sua, avrebbe tutto l’interesse ad accontentare un allenatore su cui ha investito tutto, ma deve considerare anche altre componenti, compresa una proprietà che non ama troppo i cambi di programma e che ne ha già fatto uno enorme e costoso sei mesi fa per archiviare Spalletti. La politica societaria sul mercato è chiara: visto che l’inizio di campionato ha mostrato la necessità di un investimento, si farà, ma non sarà a “fondo perduto”. Si puntano giocatori giovani, dagli ingaggi sostenibili e dal valore potenzialmente in crescita: altri Barella, altri Sensi, per intendersi.
Punti di vista
Ecco, non è proprio quello che chiede il tecnico, che invece ha portato proprio quei due ad esempio di una debolezza della sua rosa: «Vengono da Cagliari e Sassuolo, con tutto il rispetto». Conte punta giocatori «da bacheca», elementi che non solo elevino il tasso di solidità della squadra, ma anche che diano del tu, con una certa confidenza, alla vittoria. «Qui ho solo Godin che ha vinto» è un’altra frase chiave del Contepensiero. A gennaio vorrebbe poter chiamare la cavalleria e trovarsi di fronte soldati perfettamente equipaggiati e che già conoscano il campo di battaglia: la Juve non aspetta, ma può essere ancora a portata di mano. I dirigenti, dal canto loro, sanno che i “vecchi” filibustieri pronti a combattere sanno anche farsi pagare. E poi tendono a restare per spartirsi il bottino. Il rischio che si vuole correre è di trovarsi a pagare cartellini di ultratrentenni, ad impegnarsi in contratti pluriennali pesanti che poi renderebbero gli stessi cavalieri e cavalli «invendibili» in caso di necessità. La scottatura presa con Nainggolan brucia ancora. La questione è: i due punti di vista sono conciliabili? Lo sono stati su Lukaku (esperto, vincente, ma anche giovane), hanno trovato una convergenza su Sanchez in temporaneo saldo, potrebbero coincidere sull’operazione Giroud. Kulusevski e Vidal, però non sono sovrapponibili. Conte si accontenta? O sarà accontentato in altro modo?