BARELLA INCONTENIBILE
Rabbia e cuore: rimontato il Verona (2-1) con Vecino e il centrocampista azzurro Sorpasso e 31punti: record Il tecnico: «Orgoglioso»
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Record interista Trentuno punti in 12 giornate: il top da quando esistono i 3 punti
Segna subito Verre, i nerazzurri faticano a superare il muro di Juric ma la ribaltano come a Bologna: pareggia Vecino, poi super gol del giovane centrocampista all’83’
L’ha risolta Barella con un gol pazzesco, Barella che viene dal Cagliari e che finora non ha mai vinto niente in carriera, per citare lo sfogo di Antonio Conte a Dortmund. L’Inter ha abbattuto il muro del Verona, in rimonta da 0-1 a 2-1: chi vince ha sempre ragione, per cui diciamo che Conte da bravo psicologo ha saputo pungolare nell’orgoglio i suoi giocatori. Se l’Inter fosse stata stoppata da un Verona vintage, aggrappato a un catenaccione anni Sessanta, parleremmo di Conte maldestro, demotivatore di giovani, anche perché Barella, gol a parte, non è che abbia giocato una grande partita. Il calcio qual piuma al vento, basta un tiro bellissimo per influenzare le opinioni. Inter prima almeno per una notte, aspettando Juve-Milan, grazie a una vittoria impastata nella sofferenza e nella furia, i valori fondanti del “contismo”. Una certezza rimane tale: partite così, negli anni scorsi, contro provinciali arroccate, l’Inter ne ha giocate e perse o pareggiate tante. Oggi incontri del genere l’Inter li vince, differenza enorme, portata in dote da Conte, allenatore che sta addosso alla squadra, la ossessiona in senso buono con il terrore della sconfitta intesa come morte temporanea, la spinge all’estremo delle forze e delle motivazioni. In Serie A la mentalità “contiana” sposta equilibri: 31 punti in 12 giornate rappresentano un piccolo significativo record, nell’era dei tre punti a vittoria l’Inter non era mai arrivata a tanto. Scudetto
non è una parola impronunciabile, tanto per “alzare l’asticella”, altra citazione dall’anatema di Dortmund.
La mossa fissa
Kulusevski a uomo su Brozovic in Inter-Parma, idem Soriano in Bologna-Inter, ieri Verre del Verona incollato al regista croato: tre indizi per una prova inconfutabile. In assenza di Sensi e delle sue variazioni sul tema, per spegnere l’Inter molti allenatori fanno schermare il regista croato. Che si innervosisce, si fa ammonire, cerca aria altrove. Verre, falso centravanti e falso trequartista, ma verissimo tuttocampista, ha seguito Brozovic ovunque, lo ha marcato a uomo fino al limite dell’area. Così è stato De Vrij a impostare da dietro, però il difensore centrale playmaker può essere un’opzione di scorta, non è sano che diventi la prima scelta. Il Verona come l’Atalanta di Gasperini è fondata sui duelli individuali, uno contro uno continui, e non è casuale, perché Juric è stato giocatore di Gasp e suo assistente proprio nella fulminea esperienza interista. Il Verona si è rinchiuso davanti al portiere con una selva di uomini e ha contrattaccato alla vecchia maniera. Modernariato italiano. L’Hellas si è presentato a San Siro con un’unica vera punta di ruolo, l’italo-colombiano Salcedo in prestito proprio dall’Inter, ma Juric gli ha chiesto di largheggiare, per attrarre Bastoni fuori dalla linea. Attacco liquido, sfuggente, indecifrabile: non concedere un riferimento centrale alla linea difensiva interista, rendere superflua la sua composizione a tre, destrutturarla. Lo 0-1 gialloblù ha preso forma con un contropiede sull’asse Verre, Lazovic, Zaccagni, azione che ha portato al fallo di Handanovic su Zaccagni, con rigore trasformato dallo stesso Verre. L’Inter ha replicato con assalti rabbiosi, ma confusi, ispirati da un giro-palla lento. Il cross come principale soluzione, il gioco di Conte procede per vie esterne.
L’assedio
La ripresa è stata un monologo. L’Inter si è installata nella metà campo del Verona e non ne è mai uscita, se non per devitalizzare qualche contropiede di alleggerimento dei gialloblù e per il rifiatare dei minuti finali,
La mossa Con Brozovic marcato a uomo da Verre, De Vrij ha fatto il play
quando, ottenuto il 2-1, si è esposta a qualche colpo di coda veronese. L’Inter ha fatto valere la fisicità strabordante e ha continuato a solcare le fasce. Alla fine sono stati trenta i cross piovuti dagli esterni o forse qualcuno in più, dipende dai criteri di calcolo. L’1-1 è arrivato così, Lazaro ha messo in mezzo da destra e Vecino è svettato di testa. Elementare, ma efficace. Il 2-1 no, è stato una creazione di Barella, un bellissimo tiro da fuori. Gara risolta da due centrocampisti perché sotto porta è mancato
Lukaku, eppure non si può dire che non sia stato cercato. Il belga è stato bravo un paio di volte nel primo tempo, con la deviazione sul primo palo sventata da Silvestri e con un tiro fuori di niente, ma imbarazzante nella ripresa, quando una palla gli è sfilata via sotto il naso a due passi dalla porta e poi con il retropassaggio di testa a Silvestri, situazione in cui avrebbe potuto fare tantissime cose, esclusa quella che ha fatto. La stazza di Lukaku resta una risorsa, impegna difensori e apre varchi, e i suoi 9 gol in 12 partite costituiscono un patrimonio. Lukaku deve però trovare un equilibrio, gli alti e bassi non giovano. L’utopia scudetto passa anche di qui.