«CON IL FIANDRE MI SONO REGALATO I CERCHIONI DELLA MACCHINA»
Il toscano, re della Ronde, guarda al 2020: «Troverò la continuità che mi è mancata. Ma voglio restare uno spirito libero»
Èun diamante. Ancora grezzo magari, ma il trionfo al Fiandre, un lampo di luce folgorante, non lascia dubbi. Una «Ronde» non la si vince per caso. A maggior ragione nel modo in cui l’ha vinta lui, Alberto Bettiol. Venerdì lo abbiamo incontrato nella sede della Fsa, fornitore tecnico della sua Ef-Education First per quanto riguarda ruote, manubrio, attacco, e misuratore di potenza (power-box).
Bettiol, come va?
«Benissimo! Ho ricominciato ad allenarmi dopo cinque settimane di riposo. Non sono andato in giro perché avevo bisogno di riposare davvero, della mia quotidianità, senza prendere altri aerei. In più ho preparato la nuova casa, a Lugano, dove vado (da ieri, ndr) a vivere con Giulia. Adesso lei è ad Amsterdam a fare la fisioterapista alla nazionale di scherma paralimpica. Ho anche aperto il mio sito internet: albertobettiol.com. Il resto del tempo l’ho passato leggendo. Non libri, perché quelli non mi piacciono. Però sono curioso, molto curioso e mi piace spulciare, informarmi un po’ su tutto».
Allora partiamo da qui. In questi giorni in Italia si parla soprattutto di Venezia e di Ilva. Che idea s’è fatto? «Per Venezia il timore è che entro un tempo relativamente breve, magari cent’anni, sparisca. La speranza sono le grandi opere civili che sono state fatte per esempio nei Paesi Bassi, perché il problema “acqua alta” gli studiosi dicono che sarà di attualità. La vergogna è il Mose. Per l’Ilva, se possibile, la cosa mi sembra ancora più complicata anche per gli interessi politici in campo. Credo che bisognerebbe trovare una soluzione, magari di compromesso, preservando più posti di lavoro possibile anche se la vedo dura che ArcelorMittal torni sui suoi passi. Però il mercato dell’acciaio è in crisi e produrlo da noi non è economico. Poi non si può pensare di avere un’acciaieria che non inquina. E nel mondo ora la spinta ‘green’ è molto forte».
Come mai un sito?
«Lo scopo è raccontare un po’ la mia storia anche attraverso aneddoti e fotografie inedite, da bambino, un po’ strane. Non c’è scopo commerciale».
Sul suo profilo Instagram ha postato una foto della sua prima vittoria, da bambino, con una frase: «Tenete sempre stretti i sogni di allora». I sogni di adesso? «Continuare così. A vincere, a restare ad alto livello. A fare emozionare, che forse è il piacere più grande e che mi rende orgoglioso. Poi sogno di tornare un giorno nelle Fiandre, in anonimato e senza impegni, a rivedere le strade. A fiutare quell’aria».
Che valore ha il trionfo al Fiandre?
«Per me la consapevolezza, ora so di potere lottare alla pari con i migliori al mondo. Poi ho ripagato, anche se magari non del tutto, la mia famiglia, la squadra e le persone che mi sono sempre state vicine».
La spinta a fare meglio sempre meglio è legata a fama, gloria, ambizione, soldi o altro? «A me piace l’agonismo, il confronto con gli altri. E la preparazione, la via per arrivare al successo. Però se non avessi avuto le doti che ho non so se avrei continuato a fare il ciclista perché i sacrifici sono tanti».
Vincere un Fiandre porta a guadagnare tanti soldi. Che importanza ha il denaro?
«Fa effetto, non ci devo pensare. Se ti fermi a guardare quanto guadagni magari non esci neanche in bici. Voglio restare con la libertà mentale che mi ha portato a quella vittoria perché si vince con la testa. Resta il fatto che sì, guadagni tanto con i contratti, ma i premi sono veramente bassi. Chi conquista il Fiandre porta a casa solo 20.000 euro. E ancora peggio va alle donne. Marta (Bastianelli, ndr) che ha vinto tra le donne ha preso 1.265 euro. Una vergogna, un’ingiustizia, perché ha fatto fatica come me se non di più. E il ciclismo femminile ormai è una realtà affermata».
Che regalo s’è fatto?
«Ho cambiato i cerchioni della macchina: 500 euro».
Nel ciclismo ci sono tanti momenti di solitudine, la stessa fuga ne è forse la sublimazione. Lei come la vive? «Prima mi pesava. Dopo il Fiandre ne avevo bisogno. Quando a maggio sono andato al Teide, una settimana da solo, lontano da tutto e tutti con il telefono che funzionava male, sono stato davvero bene».
Metta un aggettivo a ognuna di queste cinque imprese: Fuglsang vincitore della Liegi, Gilbert/Roubaix, Viviani/europeo, Pedersen/mondiale, Bettiol/Fiandre. «Fuglsang coraggioso; Gilbert eroico; Viviani storico; Pedersen sorprendente; Bettiol monumentale».
L’obiettivo per la prossima
stagione?
«Trovare la continuità che finora m’è mancata».
Ha già ricominciato ad allenarsi: in caso di maltempo usa cicloergometri e «virtual training» tipo Zwift? «No, ho provato una volta e non mi piace. Se piove un giorno, riposo. Magari faccio un po’ di rulli vecchia maniera. Se piove anche il giorno dopo metto la mantellina e via. Leonardo Piepoli, il mio allenatore, è d’accordo al cento per cento. anche se lui è un po’ strano (sorride, ndr): non ha mai fatto un massaggio in vita sua».
Se piove non uso forme di training virtuale. Il mio allenatore, Piepoli, è d’accordo Marta Bastianelli ha vinto il Fiandre come me. Il premio: 1.265 euro. È una vergogna Vado a vivere a Lugano con Giulia. Lei lavora con i paralimpici della scherma