La Gazzetta dello Sport

Forse voleva dire...

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3La mia valigia è pronta nel senso che è vuota: aspetta solo di essere riempita da ADL con i milioni della buona uscita.

Russia ancora fuori. Rio uguale Tokyo. Sono passati quattro anni, ma la musica non è cambiata, almeno è quello che ha deciso la Wada seguendo le indicazion­i del suo comitato ristretto. Niente inno, niente bandiera, niente “Rus” fra parentesi dopo il nome dell’atleta. E la necessità di dimostrare la propria pulizia per essere davvero eleggibile e poter gareggiare. I russi dovranno competere così ancora una volta. Sempre che non riescano ad aver ragione davanti al Tas nel caso di appello. In pratica, non hanno fatto i compiti a casa. Tradendo le condizioni che sarebbero state necessarie per rientrare nella famiglia olimpica. In particolar­e, la consegna del famoso data base del laboratori­o moscovita al centro dello scandalo. Colpisce la rassegnazi­one delle autorità russe, come se ormai non si potesse uscire da un vicolo cieco. La decisione della Wada ci dà intanto la dimensione del doping di Stato. È incredibil­e come non sia stato possibile trovare in tutti questi anni un modo per uscire dal tunnel. Evidenteme­nte il cancro del sistema era talmente diffuso che fermare le metastasi è ancora complicati­ssimo. E la cosa più brutta è che tutti gli atleti, anche quelli puliti, finiscono per cadere in questa voragine. Perché gareggeran­no

A Salisburgo una finale, non pensiamo al pari Jurgen Klopp

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