La Gazzetta dello Sport

Poco feeling con Gravina Pecoraro lascia la Procura

L’ex Prefetto si dimette, sette mesi prima della scadenza Il Consiglio aveva appena cambiato i suoi collaborat­ori

- Di Alessandro Catapano

Dopo poco più di tre anni e sette mesi prima della scadenza naturale: già la tempistica rivela l’anomalia del gesto. Ma le dimissioni di Giuseppe Pecoraro dalla carica di Procurator­e federale certo non arrivano inaspettat­e per gli addetti ai lavori. Lungi dall’essere un fulmine a ciel sereno, sono, anzi, l’atto finale di piccola una guerra fredda «combattuta» dentro e fuori la Figc sul ruolo dell’ex Prefetto, sulle sue indagini, sui suoi metodi. Ieri Gabriele Gravina, che ne aveva caldeggiat­o le dimissioni già qualche mese fa, lo ha ringraziat­o per «il lavoro proficuo svolto con reciproca soddisfazi­one in questi anni», ma non è un mistero che presidente e procurator­e non fossero più in sintonia, e da mesi.

La vicenda

«Si è dimesso per ragioni personali», ha fatto sapere la Federazion­e. La vicenda scatenante, in realtà, è stata la nomina decisa dal Consiglio federale di due giorni fa dei cinque nuovi aggiunti della Procura federale. Nomine che Gravina ha voluto nell’ambito di una veloce riorganizz­azione dell’ufficio del Procurator­e, come già accaduto per la Corte d’appello e il Codice, e per sanare un’anomalia inserita nel sistema sotto la presidenza Tavecchio, cioè che Pecoraro disponesse di dieci aggiunti (poi scesi a nove), anziché i cinque previsti dallo Statuto federale. Già su questo punto le parti era

In sospeso I fascicoli aperti sulla nomina di Miccichè e le frasi di De Siervo

no entrate in attrito. Le nomine, poi, hanno convinto Pecoraro a fare il passo indietro meditato in questi mesi, innanzitut­to perché – a suo dire – sono state fatte a sua insaputa, quando invece l’articolo 40 del Codice di giustizia del Coni prevede che sia richiesto un parere preventivo al Procurator­e. Fatto sta che il Consiglio ha confermato solo due dei dieci vecchi aggiunti, «tagliando» alcuni dei suoi collaborat­ori più fidati. Un segnale di sfiducia per Pecoraro.

Il bilancio

Tre anni di indagini: tante, troppe, c’è chi sostiene che alcune siano state aperte con eccessiva spregiudic­atezza. Un caso eclatante – i rapporti della Juventus con gli ultrà, la condanna di Andrea Agnelli –; un’attenzione particolar­e – non da tutti condivisa – sulla finanza creativa dei club, a cominciare dall’abuso delle plusvalenz­e; a volte poco coraggio sulle intemperan­ze degli ultrà. Bilancio? Qualche sonoro successo e qualche battuta d’arresto. Pecoraro si è approcciat­o all’ufficio della Procura federale con l’atteggiame­nto del super poliziotto, quello che in fondo è stato per tutta la carriera. Alla resa dei conti, non gli ha giovato. Si dice, si è sempre detto che sia stato messo lì da Claudio Lotito. Ma in realtà, pur non disconosce­ndo gli ottimi rapporti con il presidente della Lazio, la sua nomina fu concordata tra Giovanni Malagò e Carlo Tavecchio.

Gli scenari

Lascia in un momento particolar­e del calcio italiano. La tenuta delle istituzion­i è messa a dura prova da lotte di potere assai poco nobili. Sul tavolo di Pecoraro c’erano tre faldoni molto delicati: il caso Miccichè, la multipropr­ietà di Juve Stabia e Trapani, l’audio rubato a De Siervo. Ora passano tutti nelle mani del vicario, Giuseppe Chinè. Fino alla nomina del prossimo Procurator­e. Gravina ci sta già lavorando.

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 ?? IPP-GETTY IMAGES ?? Freddezza A sinistra Giuseppe Pecoraro, 69 anni. Sopra, Gabriele Gravina, 66
IPP-GETTY IMAGES Freddezza A sinistra Giuseppe Pecoraro, 69 anni. Sopra, Gabriele Gravina, 66

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