La Gazzetta dello Sport

Cara Virtus-Olimpia sei la storia del basket

- Di Dan Peterson

Itifosi non me ne vogliano, ma vorrei definire VirtusOlim­pia il “derby d’Italia”. Certo, il derby di Bologna è Virtus-Fortitudo (e meno male che è tornato in Serie A), i derby lombardi sono sempre Milano-Varese o Milano-Cantù o anche VareseCant­ù, ma per tradizione e scudetti, Virtus-Olimpia è la storia del basket italiano. Cosa vuol dire questa partita oggi? Se parliamo solo della classifica, vale molto: la prima (Virtus) contro la seconda (Olimpia). Ma vuol dire anche storia! Gli anni in cui sono arrivate prima e seconda alla fine del campionato sono tanti (solo Milano-Varese ne vanta di più), otto volte nell’immediato dopoguerra, quando il basket Italiano stava scrivendo le primissime pagina della sua storia moderna, le basi della tradizione che vive ancora oggi. Quando due squadre così giocano, pure i fantasmi guardano la partita. L’ombra dei grandi del passato ha sempre un peso... E poi: gli allenatori di oggi sono entrambi ex. Ettore Messina, coach dell’Olimpia, ha allenato la Virtus per 9 anni vincendo tutto ciò che si poteva vincere. Sasha Djordjevic non solo ha giocato per l’Olimpia ma l’ha anche allenata. Saranno condiziona­ti? No. Un coach non pensa mai al passato, solo al presente, spesso non al futuro! In Gazzetta mi ricordano che anch’io ho allenato queste due squadre: la Virtus dal ‘73 al ‘78, l’Olimpia dal ‘78 all’87. Cosa posso dire? Bene, quando avevo la Virtus, i miei avversari più terribili erano Varese, Cantù e... Milano. Quando avevo l’Olimpia, i miei avversari più forti erano Varese, Cantù e... Virtus. Quindi, per 14 anni, la partita più difficile era sempre quella! E non posso dimenticar­e che, come coach dell’Olimpia, ho perso due finali-scudetto con la Virtus, nel ‘79 e nell’84. Due ferite non ancora emarginate. Ricordi?

Con la Virtus, la nostra prima vittoria al Palalido, nel ‘75-76, per 105-92: dopo, la nostra squadra si è convinta delle sue forze e abbiamo poi vinto lo scudetto. Con l’Olimpia, la sconfitta più devastante possibile, nella finale playoff dell’83-84. Eravamo -1 con 29” da giocare. Bariviera intercetta palla. Potevo scegliere: rimettere o tirare i liberi. Ho detto di tirare. Renzo li ha sbagliati entrambi. Errore mio, non suo. Mi fa male pensarci. Tutto questo grande passato fa “brodo”, ma oggi non allenano

Tracuzzi e Rubini e non giocano neppure Riminucci e Lombardi. Come dicono in America, «La tradizione è ciò che gli altri hanno fatto ieri; la storia è ciò che tu scrivi oggi». Questa partita ha un grande motivo: due play fuoriclass­e in campo: Milos Teodisic per la Virtus; Sergio Rodriguez per l’Olimpia. Sono giocatori perfetti perché sanno... scegliere. Cioè, tirare o passare. Non sono play “limitati” ad uno o all’altro. Abbiamo visto una lezione di questo in VirtusFort­itudo: Teodosic, limitato a meno di 10 punti, ha fatto 10 assist e lo stesso ha fatto l’altro serbo Markovic. Ma anche la Virtus avrà problemi con l’Olimpia. Chi taglia fuori Gudaitis o Tarczewski? Chi può pareggiare il mestiere di Scola? Chi ha più sangue freddo che Micov? Certo, Milano è reduce da una trasferta di Eurolega col Cska dove ha lasciato “sangue” ed energia, perdendo nel finale: e un k.o. è sempre difficile da archiviare. Oggi è una prova del nove per entrambe, ma non decide lo scudetto: quell’appuntamen­to è a giugno.

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In finale Un’immagine della serie scudetto fra Virtus e Olimpia nell’83-84
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