CATANIA, CRISI PROFONDA I MESSAGGI AI GIOCATORI SONO L’INIZIO DELLA FINE
L’a.d. Lo Monaco: «Debiti pazzeschi, non reggiamo più» E il sindaco Pogliese chiede la svolta: «Un ciclo si è chiuso»
La crisi non è cominciata ieri, ma è esplosa in un modo decisamente poco onorevole. Il Catania nei giorni scorsi ha mandato un messaggio su WhatsApp a dieci giocatori per dire loro che non ci sono più soldi e che quindi a gennaio dovranno trovarsi un’altra squadra. E’ già successo, per carità. Ma così no. Catania non se lo merita e le spiegazioni della società con un comunicato sono state come la toppa che peggiora il buco. È allarme vero. Dopo il Messina, dopo il Palermo, adesso in Sicilia trema (ancora) il Catania.
Il tribunale
Il messaggio ai giocatori non è solo un allarme. E’ l’anticamera di quello che potrebbe accadere il 7 gennaio, giorno in cui la Meridi, società riconducibile ad Antonino Pulvirenti (oggi membro del cda, dopo la lunga squalifica per il calcioscommesse) e che supporta il Catania, si presenterà in tribunale per chiedere il commissariamento del club. Un passaggio che potrebbe portare al fallimento, per un iter che purtroppo il calcio italiano già conosce: concessione dell’esercizio provvisorio, istituzione di un’asta giudiziaria, attesa di nuovi proprietari e ripartenza. E se non si trova nessuno, perdita del titolo sportivo e palla nelle mani del sindaco per individuare una nuova proprietà da presentare alla Figc per ripartire da zero (o quasi).
La voce del club
In estate l’iscrizione è arrivata con grandi sacrifici. La Figc non poteva di certo opporsi, perché le carte erano in regola: non è previsto il sostegno a un club se cammin facendo vengono a mancare le forze, la fidejussione può essere escussa solo in un secondo momento ma comunque non copre l’intera gestione. Il problema è che il Catania, una volta iscritto a fatica, ha sottoscritto contratti con giocatori che non avrebbe potuto permettersi. O meglio: ci ha provato. Se vinciamo bene, sennò... L’ha in parte ammesso l’a.d. Pietro Lo Monaco, unica voce del club sulla vicenda (oltre al comunicato), intervenuto a Radio Sportiva: «Il Catania convive da tre anni con una situazione debitoria pazzesca: la rosa costruita in estate era competitiva ma ora non siamo più in condizione di reggere tutto ciò che è venuto meno, come ad esempio il fatto di essere passati da incassi di 50 mila euro a questi di 7 mila. Il Catania non riesce a reggere questo trend economico: nonostante tutto ha sostenuto gli oneri di questi tre anni di C, gli stipendi sono stati pagati. Ma ora se qualche calciatore non accettasse di andar via potrebbe mettere in difficoltà la società. La vita del Catania è primaria, vanno ridotti i costi».
Cessioni e polemiche
Se i tifosi (quasi 5.700 abbonati) si sono tirati indietro, non è solo per i risultati deludenti. Il Catania è settimo a 21 punti dalla Reggina, in corsa per i playoff. Ma le difficoltà societarie - una gara è stata giocata a porte chiuse per mancanza di steward - non hanno impietosito la gente. Anzi. Il club è in vendita da tempo, Pulvirenti si è defilato all’estero, ma nessuno si è avvicinato in maniera concreta. I tifosi da tempo chiedono il cambio, la scorsa settimana hanno marciato in 500 per manifestare contro la proprietà, i gruppi organizzati non entrano più allo stadio da almeno quattro gare, si è creata una frattura insanabile. Le presenze al Massimino si sono ridotte al minimo: 800 paganti.
Il primo cittadino
Salvo Pogliese, sindaco di Catania, è intervenuto sul caso, dopo aver offerto una mediazione alla ricerca di nuovi imprenditori disposti a rilevare il club: «Bisogna prendere atto che un ciclo si è inesorabilmente concluso e che il Catania deve immediatamente voltare pagina, nell’interesse soprattutto dei tifosi, che vanno rispettati con atti di chiarezza, a tutela della loro passione».
La Lega Pro
Francesco Ghirelli, reduce dal blocco dei campionati alla ricerca di un dialogo con il Governo per la defiscalizzazione, quasi se lo aspettava: «Abbiamo sospeso il campionato proprio per questo, la vicenda conferma drammaticamente la necessità di dare sostenibilità alle società. Molto è stato fatto, ma non basta». Magari bisogna impedire gli investimenti a chi non ha le spalle coperte: «Sì, anche. Bisogna fare in modo che le società arrivino in fondo. Il Catania ha fatto sacrifici notevoli, ma fa capire che serve altro». Il tasto batte sempre lì: «Non si può più rinviare il problema della sostenibilità. Il problema delle iscrizioni è stato risolto, ma la sostenibilità è fondamentale per tutti: se non si trova una soluzione bisogna tagliare».
L’Aic
I giocatori del Catania da tempo avevano interessato l’Aic. Umberto Calcagno non è sorpreso, ma è il modo che è discutibile: «C’è una crisi societaria in atto, ma non si può rendere di dominio pubblico la vicenda. Ai giocatori è dispiaciuto ricevere quel messaggio e vederlo divulgato. Succede che un club decida di liberarsi di qualche contratto, ma di solito lo fa sotto traccia. Chi avrà la possibilità cambierà, ma chi resta dovrà essere tutelato». Una tegola in un contesto generale più sereno: «Sì, perché il 16 dicembre tutte le società di C hanno pagato gli stipendi. Da quanto non succedeva?».
Iscritto a fatica, il club ha preso altri giocatori e senza risultati...
Il 7 gennaio si potrebbe aprire l’iter che porta al fallimento