Dedicato a Daniele, il nostro campione
Daniele Redaelli è stato per decenni bandiera del Referendum di fine anno della Gazzetta dello Sport, iniziato quasi per scherzo alla fine degli anni 70, in un’epoca lontanissima da internet e dalla potenza rutilante dei social. Ma se questa consuetudinetormentone del nostro ultracentenario giornale è arrivata fino al terzo millennio lo si deve - in gran parte - alla passione e alla costanza di questo giornalista in maglia rosa per vocazione e convinzione, che proprio il 31 dicembre di due anni fa ci lasciava dopo aver combattuto con orgoglio una lunga battaglia contro il cancro. Era in pensione già da qualche anno, ma era (ed è, per sempre) “uno della Gazzetta”, espressione che incarna un modo di intendere il giornalismo (e ancora di più la vita) che va molto oltre questa professione. Per questo, ancora oggi, per ricordare Daniele non ci affidiamo soltanto al ricordo personale, ma seguiamo le sue tracce in terra: come nel volto e nelle mani dei bambini africani di una scuola etiope voluta da Padre Bernard, dispersa nel nulla (nella località di Gucci) che porta il suo nome. Una delle tante iniziative che aveva sposato con entusiasmo e coinvolgimento autentico nei lunghi anni di collaborazione con la Fondazione Candido Cannavò per lo sport, di cui ha seguito tutta l’evoluzione in questi anni di vita. Dall’Etiopia all’Afghanistan, dalle remote periferie italiane, quelle di Milano, Palermo, Catania, Roma, fino all’esplosione del Candido
Junior Camp. Una palestra per giovani nel basket in carrozzina, avviato con la Briantea 84 Cantù che - non a caso - da qualche mese gli ha intitolato la “sua” tribuna stampa nella nuova casa del PalaMeda. Ma Daniele Redaelli è ancora nell’entusiasmo dei tornei giovanili di Monte Marenzo o in tutte quelle occasioni dove si bruciano passioni e si vive solo di emozioni.