LEBRON VS CURRY AMERICA DIVISA MA IL RE È JAMES
La stella ora ai Lakers ha fatto vincere Heat e Cavs influenzando la lega come nessun altro
LeBron James era considerato un perdente quando il calendario segnava primo gennaio 2010. Steph Curry era soprattutto il figlio di Dell, veterano di 18 stagioni Nba . Dieci anni dopo, i due fenomeni nati nello stesso ospedale di Akron, Ohio, sono i simboli del decennio che si chiude a mezzanotte. LeBron insegue il fantasma di Michael Jordan, il record di punti di Kareem Abdul-Jabbar, e nessuno osa più ricordargli le sue sconfitte, nemmeno adesso che dopo averlo fatto con Miami e Cleveland sta provando a vincere coi Lakers. Curry è il simbolo della dinastia Warriors, la squadra del decennio, e il volto della rivoluzione da tre punti che ha stravolto il basket. Ora è Dell ad essere chiamato il padre di Steph, non viceversa.
King James
LeBron è il miglior giocatore del decennio Nba, Secondo la Associated Press addirittura il miglior atleta, davanti a Tom Brady, Usain Bolt, Leo Messi e Michael Phelps. Nessuno ha dettato legge come lui, in dieci anni iniziati con The Decision, l’annuncio in diretta tv del suo passaggio da Cleveland a Miami, e che si chiudono ai Lakers da miglior “assistman” della stagione. James è stato il faro delle sue tre squadre, ha tenuto in scacco l’intera Association durante tre free agency, ha giocato 8 Finals consecutive e vinto tre anelli. Col primo, quello con Miami nel 2012, si è tolto di dosso l’etichetta di perdente, conquistando oltre al titolo anche il primo dei suoi tre premi di mvp delle Finals, quello di regular season e l’oro olimpico a Londra. Col titolo 2016 coi Cavs ha compiuto l’impresa più bella della sua carriera e quella del decennio,la clamorosa rimonta da 3-1 nell’atto II di quattro Finals consecutive contro i Warriors. Un vincente, un fenomeno che come il vino più invecchia e più diventa buono. E che come solo
Jordan aveva saputo fare è uscito dai confini del campo, creando un impero finanziario, facendo campagna per le presidenziali Usa, aprendo una scuola per i bambini meno fortunati della sua Akron. «Dieci anni fa avevo 25 anni, ora ne ho 35 e ho più chiaro cosa voglio dalla vita» ha detto alla Ap LeBron, che ha passato la sua prima estate senza playoff dal 2006 a girare Space Jam 2, il sequel del film cult del 1996 con Jordan e Bugs Bunny.
Steph il simbolo
Curry dieci anni fa era una matricola dalle caviglie fragili. Adesso in ogni campetto del mondo c’è qualcuno che cerca di imitare il suo tiro da tre. È il motivo per cui il New York Times ha scelto lui come simbolo Nba del decennio. Steph però non ha cambiato il destino di tre franchigie come LeBron. Ha sempre vinto, diventando il primo mvp eletto all’unanimità, trasformandosi in superstar della porta accanto, con la moglie conosciuta in chiesa, le figlie dispettose e irresistibili come il suo tiro. Con lui come simbolo i Warriors hanno dominato il decennio, vincendo tre anelli e giocando 5 Finals consecutive, togliendo ai Bulls del 1996 il record di vittorie in regular season (73) per poi sciogliersi clamorosamente nella serie per il titolo. Campioni dal lato umano, come Steph. Curry, i Warriors e LeBron non sono pronti ad abdicare. I due fenomeni, probabilmente, tra dieci anni saranno solo un ricordo, ex giocatori detentori di record pronti ad applaudire la nuova generazione. Quella che, con le loro imprese, hanno contribuito ad ispirare.