MBAPPÉ, HAALAND, JOAO FELIX... I TOP CLUB SPENDONO PER I BABY
Kulusevski è l’ultimo esempio: in Europa si scommette sempre più sui giovani e i prezzi salgono di conseguenza. Storie di successi, ma c’è anche qualche flop
In Borsa li chiamano futures. Sono i contratti derivati pattuiti con largo anticipo, puntando sul loro boom nel tempo. Allo stesso modo nel calcio le grandi d’Europa si stanno accaparrando i giovani migliori a prezzi sostanziosi, contando di portarli al successo e raccogliere i frutti dell’investimento in pochi anni. Il duello appena vinto dalla Juve (sull’Inter) per Dejan Kulusevski è solo l’ultimo atto. La settimana scorsa era stato il Borussia Dortmund ad assicurarsi il goleador del Salisburgo, il millennial Erling Haaland, sulle cui tracce c’era mezzo continente. E in estate la stessa Juve aveva investito 75 milioni di euro per Matthijs de Ligt, mentre l’Atletico Madrid s’era impegnato per ben 126 milioni pur di tesserare la nuova stella portoghese, Joao Felix. Cifre importanti per giovanotti super ricercati.
Quante scommesse
E all’orizzonte s’intravvedono altre sfide per i ventenni più in gamba dei maggiori campioin nati. Il fenomeno è ormai sotto gli occhi di tutti, probabilmente inarrestabile. A dispetto dei rischi. Sì, perché l’esperienza insegna che non sempre il talento è accompagnato dall’applicazione e non è raro che un giovane dotato, strada facendo, incappi in difficoltà extra-tecniche che ne frenano l’ascesa. A volte le insidie maggiori sono legate alla loro personalità, un requisito fondamentale per ambire allo status di campione. Le insidie sono sempre dietro l’angolo, ma evidentemente la concorrenza spinge ad abbassare l’età della selezione. Un passaggio obbligato soprattutto per le corazzate della Premier League che in questi anni hanno provato ad aprire nuove strade. E’ successo al Manchester City per Raheem Sterling nel 2016: 64 milioni che evidentemente hanno fruttato. Un po’ meno per Gabriel Jesus, arrivato anche lui con le stigmate del numero uno e sinora protagonista solo a tratti. Anche per Leroy Sané i Citizens nel 2016 hanno messo sul piatto poco più di 50 milioni di euro: non poco. In questa galleria merita attenzione anche Christian Pulisic, venduto dal Borussia Dortmund al Chelsea un anno fa per 64 milioni: per ora non è un crack, ma è presto per trarre conclusioni. Al Manchester United, invece, ha avuto degli alti e bassi il francese Anthony Martial, ingaggiato nell’estate del 2015 per 60 milioni.
Tra Spagna e Francia
Anche nella Liga c’è stata una rincorsa simile. Al Real Madrid, ad esempio, Florentino Perez ha speso 45 milioni a testa per i gioielli brasiliani Vinicius junior e Rodrygo che al Bernabeu stanno avendo una traiettoria differente. Come è finito in prestito anche il norvegese Odegaard, approdato a Madrid quando era ancora un teenager. Anche a Barcellona non sono mancate le puntate sul verde. L’occasione sinora mancata rimanda al nome di Ousmane Dembelé, una scheggia che aveva già incantato al Rennes a 18 anni ed era approdato a Dortmund per 15 milioni: poi l’exploit in Bundesliga portò alla valutazione record di 140 milioni per il suo approdo in Catalogna. Con il senno di poi il francese non sta rendendo secondo le aspettative. Al contrario di Kylian Mbappé, che al Psg sta dimostrando di valere i 180 milioni spesi per lui. Andando a ritroso nel tempo sono stati tanti i casi in cui la scoperta di nuove stelle è coincisa con costi importanti, ma è chiaro che il mercato nell’ultimo decennio ha visto aumentare in maniera consistente questo tipo di scommesse. Sotto questo profilo la logica del calcio inglese ha fatto scuola, per molti versi maniera virtuosa. Mentre da noi fa ancora effetto l’usato garantito (Ibrahimovic docet), a quelle latitudini ormai sono molto netti nelle loro scelte: abbondanza di risorse per i giocatori giovani, semaforo rosso per gli over 28.
Semina e frutti
È una logica chiaramente votata a preservare la salute dei bilanci dei club, considerando che gli ammortamenti spalmati su cinque anni possono essere assorbiti senza particolari danni anche nei casi in cui il rendimento in campo non sia all’altezza delle aspettative. Sotto questo profilo, insomma, la caccia ai giovani di qualità si lascia sempre preferire. Sia perché un Under 21 inserito in un contesto di alto livello fa in fretta ad imparare, sia perché in caso di difficoltà si ha il tempo per accompagnarne la maturazione. Il problema, semmai, è di fare attenzione a non alterare gli equilibri tecnici. Come non offrono prospettive le squadre in cui abbondano i vecchi, allo stesso tempo è saggio centellinare le responsabilità per le nuove leve. Considerazioni di buon senso, per carità, nulla di innovativo. Ma ogni semina ha bisogno di tempo per dare i propri frutti.