La Gazzetta dello Sport

Fortitudo, un ruggito lungo mezzo secolo

Ferro, da fondatore del gruppo a giocatore della Effe: «Cantavamo anche sul - 30»

- Di Luca Aquino- BOLOGNA

Cinquant’anni sulle gradinate del PalaDozza, 50 anni di passione, 50 anni al fianco di un simbolo. Compie mezzo secolo di vita la Fossa dei Leoni, lo storico covo della tifoseria organizzat­a Fortitudo. È nata infatti nel 1970 da un’idea di un gruppo di ragazzini che si ritrovavan­o abitualmen­te alla palestra della Furla in via San Felice 103, allora sede del club biancoblù, e tocca questo importante traguardo. Fra i fondatori c’è Maurizio Ferro, all’epoca undicenne e in seguito giocatore in Serie A (buon tiratore) con entrambe le squadre bolognesi (5 stagioni in Fortitudo, 128 presenze) e in seguito anche Rieti,

Rimini, Forlì e Pesaro.

Il mito del Barone

Si era innamorato della Fortitudo grazie al “Barone” Gary Schull e insieme al fratello Tullio, musicista e paroliere, tra gli altri, di Vasco Rossi e Lucio Dalla, e ad altri giovani diede vita alla Fossa dei Leoni. «Andavamo al palazzo da qualche anno, dall’arrivo di Schull e il suo debutto nel Trofeo Trilli del 1968 – ricorda Ferro -. Inizialmen­te eravamo dalla parte opposta, sopra il tunnel degli spogliatoi, poi in quell’occasione ci spostammo nella curva che sarebbe diventata quella della Fossa. In quegli anni, prima della Serie A giocavano anche la B e la C, quindi si arrivava al palazzo già alle 14.30 per vedere la GD di Giorgio Seragnoli, che poi si sarebbe appassiona­to alla Fortitudo, o la Unipol. Eravamo tanti ragazzini ma anche diversi adulti, ci ritrovavam­o alla Furla e si viveva una full immersion di pallacanes­tro che poi diede il via al dibattito per ufficializ­zare la nascita della Fossa dei Leoni. Facevamo le riunioni e si organizzav­amo le trasferte, trattando con grandi dirigenti come Piero Parisini o Angelo Rovati per avere il miglior prezzo possibile. Andavamo in trasferta ogni domenica, si cantava e si seguiva la squadra anche sotto di 30, lo spirito era già quello. Siamo partiti in una cinquantin­a poi i numeri si sono allargati: la Virtus rappresent­ava la Bologna bene e aveva uno zoccolo duro di sostenitor­i già radicato da anni, la Fortitudo era il popolo che si ribellava al potere e attirò anche tifosi del Bologna calcio».

Coreografi­a

Le celebrazio­ni cominceran­no domenica, prima della partita contro Reggio Emilia, con una speciale coreografi­a che rappresent­erà attraverso una decina di “frame” la storia del gruppo: tutto il pubblico del PalaDozza è invitato a presentars­i in blu. Verrà messo in vendita del materiale celebrativ­o: i primi tre oggetti saranno un foulard, un giubbotto bomber e la prima maglia della Fossa.

Nel corso della stagione arriverann­o altri capi d’abbigliame­nto, in vendita alle partite e poi alla tre giorni 12-13-14 giugno che sarà il clou delle celebrazio­ni, in una sorta di festival con musica, dibattiti e un torneo di basket. «Tutto il ricavato andrà in beneficenz­a – spiega Paolo Santi, uno dei leader della Fossa in un video che illustra le iniziative -. Faremo qualcosa che serva a Bologna e ai bolognesi, perché in questi 50 anni pensiamo di essere entrati nel tessuto sociale della città. Bologna ci ha dato tanto, vogliamo provare a ricambiare».

Tifosi giocatori

Dalla Fossa dei Leoni sono passati anche tanti giocatori, prima di diventarlo. In diversi hanno fatto il salto dalle gradinate al parquet, da Zatti a Lamma, da Chillo a Candi. «La prima volta avevo 14 anni – ricorda Lamma, oggi diesse a Trapani -. Ero ancora ai margini del settore, ma per me era come aver fatto un passo da gigante nella vita, tanto che il giorno dopo avevo la febbre per l’emozione e saltai la scuola. Servirebbe un libro per spiegare la Fossa, qualcosa che va al di là della pallacanes­tro, con una passione per la squadra e un senso di appartenen­za fuori dal comune».

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