«ENTELLA SU DI GIRI? TANTO LAVORO E UN PO’ DI FURBIZIA NON È UN MIRACOLO»
Il tecnico svela la sua Virtus lanciatissima «Solo salvezza, il Benevento non si batte»
L’orgoglio per la pazza risalita dell’Entella dalla C alla cadetteria, alla fine di una maratona calcistica che ha trasformato lo straordinario in ordinario, innanzitutto. Ma quello è un capitolo chiuso il 4 maggio: Roberto Boscaglia, il 29 dicembre scorso, battendo il Cittadella nel giorno della sua panchina numero 200 in B, ha portato la squadra del presidente Gozzi al quarto posto, miglior risultato a metà campionato nei cinque anni dei liguri in B.
►Boscaglia, un risultato frutto della programmazione o c’è qualcosa in più?
«Riguardo alla stagione passata, era stata una grande cavalcata con tantissimi alti e pochissimi bassi, nonostante vincere in C sia difficilissimo. Dopo la mancata ammissione in B abbiamo trasformato quella rabbia in energia positiva. In questa stagione, invece, dopo un ottimo inizio c’è stata una flessione nella parte centrale del girone, prima dell’impennata a fine andata. Sarebbe quasi stupido parlare di risultato frutto della programmazione: anche le altre squadre programmano, eppure… La verità è che abbiamo mantenuto l’intelaiatura importante della stagione scorsa, e su questa abbiamo inserito qualche elemento. Nessun segreto: solo lavoro, spirito di abnegazione e compattezza di squadra».
► I numeri raccontano che l’Entella è una squadra equilibrata: i gol fatti (21) sono nella media, ma siete pure la terza migliore difesa del torneo dietro a Benevento e Frosinone? «Giocare bene non basta. Bisogna saper leggere bene le partite. Non sempre la squadra che gioca meglio poi è quella che vince. Occorre talvolta anche furbizia. Se uno cerca sempre lo spettacolo e il bel gioco è probabile che vinca meno di quel che si aspetta. Un’organizzazione di squadra difensiva è alla base di tutto».
►Di lei il presidente Gozzi ha detto: «Non era facile tenere unito il gruppo, motivare tutti, ma lui ci è riuscito. Boscaglia è un grande lavoratore, che sul campo dà tutto». «Il calcio è un gioco di squadra, nessuno vince e perde da solo. Se penso che Messi e Ronaldo si mettono a disposizione dei compagni, non può esistere categoria in cui un giocatore faccia la primadonna. Se uno ha caratteristiche importanti, bene, ma le metta a disposizione della squadra. Le partite si vincono in 14, 15, anche in 20 giocatori. Non c’è un elemento che faccia perdere o vincere una gara. Tutti possono essere importanti anche giocando solo un minuto. Questa è la mia legge: decido io quanto devi giocare, ma tu dimostrami che puoi stare in questo gruppo».
►Ora cambiano gli orizzonti?
«Nient’affatto, si lavora esclusivamente per arrivare alla salvezza. Sull’argomento sono intransigente».
► Lei è rimasto la stessa persona dai tempi dell’Eccellenza alla Serie B.
«Sono mutati i contesti. Prima lavoravo con gente che guadagnava 800 euro al mese, ora non più e devo considerare questo aspetto. Ci sono elementi che hanno giocato in A, con una forma mentis già abbastanza completa, bisogna trovare la sintonia con loro».
►Lei pensa che i risultati del Benevento nascano principalmente da Inzaghi e quelli del Pordenone dall’esperienza di Tesser? «Direi innanzitutto che la capolista è una squadra fuori portata per tutti, ben allenata, ma costruita per obiettivi importanti. Nel caso del Pordenone, bisogna fare loro i complimenti. Stanno facendo un grandissimo lavoro, vengono da un anno importante in serie C e, com’è successo per l’Entella, hanno cambiato poco, e lavorano su una struttura conosciuta. Per il resto direi che la classifica rimane molto compatta, com’è normale in B».
►Chi l’ha sorpresa di più in questa prima metà stagione?
«Proprio il Pordenone. E poi penso a Vignato del Chievo: farà benissimo in futuro».
Allenavo in Eccellenza e resto quello di prima Anche se ora lavoro con gente che ha giocato in A
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