La Gazzetta dello Sport

«Era tutto già scritto in un tacco alla Signora E ora non si fermerà» IL RICORDO

Il tecnico che lo lanciò in Svezia: «Non si arrende mai A Stromberg dissi: “È perfetto per la tua Atalanta...”»

- di Filippo Conticello

Galeotto fu il tacco alla Signora. Anzi, alla Signorina: pur sempre di ragazzini si trattava. Quando Dejan Kulusevski incrociò la Juve per la prima volta aveva 13 anni e come ogni stagione veniva in Italia a far tornei con il suo impronunci­abile Brommapojk­arna: è una squadra alla periferia di Stoccolma ora in terza serie svedese, un’accademia pregiata in Scandinava. Lo allenava Andreas Engelmark che è stato a lungo mentore e ora è solo amico: «Quella partita contro la Juve è indimentic­abile, come se fosse tutto già scritto. Cominciamm­o a giocare dal portiere e dopo una serie di passaggi arrivò a Dejan che con un colpo di tacco geniale mandò in rete un compagno. Il pubblico urlava ad ogni passaggio, si vede che erano tutti tifosi del Torino...». Engelmark al “Bromma” è ora direttore tecnico: sa che quei viaggi continui in Italia sono serviti, eccome.

Ci racconta di quella volta in cui Dejan colpì la Dea?

«Nel 2014 battemmo prima proprio l’Atalanta 1-0, poi il Genoa e perdemmo in finale con il Toro. Dejan era molto eccitato anche perché prima aveva visitato il club bergamasco. Quando poi lo presero, Glenn Stromberg mi chiamò per chiedermi se questo nostro connaziona­le fosse una buona scelta per l’Atalanta. “Scelta perfetta”, gli dissi e ho avuto ragione. Tra l’altro, grazie a Glenn, ho potuto passare anche io un periodo a Bergamo per studiare le loro metodologi­e: ho capito che era il posto perfetto per far crescere ancora il mio ragazzo».

All’epoca pensava che sarebbe diventato subito star? «Era presto per spingersi così in là, ma non avevo dubbio che sarebbe diventato un gran profession­ista. È un predestina­to, cura i piccoli dettagli che fanno la differenza: ha umiltà senza perdere fiducia in se stesso, ha voglia di imparare e poi talento e gran fisico. A me piace perché non si butta mai giù, per questo ha accettato la sfida Juventus».

Che ricorda dei tempi in cui era lei ad allenarlo?

«Il primo giorno era solo dribbling, dribbling, dribbling. Perdeva palla e non tornava indietro. Lo presi di lato e gli dissi: “Ora difendi!”. Capì subito, poi col tempo ha maturato le caratteris­tiche che lo rendono unico e che in questi sei mesi a Parma può ancora migliorare. Gli piace combinare sulla trequarti e puntare gli avversari. Della attuale rosa juventina somiglia a

Bernardesc­hi, ma è più “diretto”: ha la porta in testa».

E dove lo metterà Sarri per sfruttarlo a pieno?

«Da voi ho imparato una parola: trequartis­ta! Nel tridente meglio che parta da destra, ama accentrars­i: in quel movimento ricorda Robben, anche se il suo preferito è Hazard».

Che le ha detto di questa nuova avventura?

«Ci siamo visti per Natale e allenati insieme il 27: mi aveva anticipato che sarebbe successo qualcosa... Lì per lì non ho approfondi­to. Anche a Torino non cambierà: Dejan sarà sempre quello del Brommapojk­arna».

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