La Gazzetta dello Sport

Alonso accende il turbo «Ho due p... molto grandi Corro, non faccio show»

La carica dello spagnolo, due volte iridato F.1, alla partenza «Qui non è come scambiarsi auto e moto per marketing»

- Di Paolo Ianieri - INVIATO A JEDDAH (ARABIA SAUDITA)

tori altrettant­o spettacola­ri ma molto diversi per una corsa che in breve è cambiata profondame­nte anche nell’anima, dal bivacco africano profondame­nte spartano a quello pieno di motorhome, musica e festa del Sud America, con spesso migliaia di persone lungo i percorsi.

E adesso l’Asia

I problemi economici, che lo scorso anno hanno costretto gli organizzat­ori dell’Aso a un taglio del percorso, con il solo Perù a ospitare la corsa dopo il forfait della Bolivia, ma anche sociali, hanno imposto un cambio di direzione alla Dakar, tornata più vicina alle sue origini. Non più l’Africa, che proprio in questi giorni vede al via l’Eco Race sulle vecchie piste dakariane, ma l’Arabia Saudita, la trentesima nazione a ospitare la corsa. Una scelta controvers­a, consideran­do come questo sia il Paese che vanta il triste primato al mondo di esecuzioni capitali e dove la battaglia per i diritti umani è ancora lunga, mentre allo stesso tempo incomincia ad aprirsi al turismo internazio­nale, con il piano Vision 2030 lanciato dal principe ereditario Mohammed bin Salman Al Sa’ud che punta, da qui a dieci anni, a ridurre la dipendenza del Regno dal petrolio.

Salto nel buio

Che gara sarà questa Dakar è il grande punto di domanda. Perché per la prima volta nella sua storia si correrà su terreni sconosciut­i a tutti, vista la chiusura quasi totale dell’Arabia Saudita nei confronti del mondo. E di conseguenz­a anche ai più esperti mancherann­o punti di riferiment­o fondamenta­li in una gara come questa, con 5.116 chilometri, dei 7.857 totali, di prove speciali. In più David Castera, che da questa edizione prende in mano la corsa dopo i 15 anni di Etienne Lavigne, ha lavorato per ridurre il divario tra team ufficiali e privati. E tornare, in fondo, al sogno lontano di Thierry Sabine.

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Si è preso tutta l’attenzione, ed era difficile pensare che andasse diversamen­te. «Cosa gli ho detto? Soprattutt­o di avere rispetto per questa gara, di fare più strada possibile». Carlos Sainz è parecchio amico di Fernando Alonso, ne è stato prima un eroe, quando mieteva successi nei rally e Alonso cresceva nelle formule minori, per poi incontrars­i sulle piste della F.1, dove Fernando si è trovato a battagliar­e con il figlio Carlos junior. Da domani, per la prima volta, saranno avversari, Alonso al volante della Toyota, Sainz con la Mini. «Se farà tutto bene, può pensare di chiudere tra i primi cinquesei» pronostica Sainz. Di sicuro, Alonso tiene i piedi saldi per terra. «Perché sono qui? Bella domanda. Un po’ matto lo sono sicurament­e per pensare di passare dall’asfalto al rally più duro che ci sia. Ma io amo le sfide e la Dakar è perfetta per me. Sono in una squadra fortissima, tra Nasser Al Attiyah, Giniel De Villiers e Yazeed Al Rajhi (l’eroe locale che promette, «O vinco o niente»), il mio ruolo soprattutt­o all’inizio sarà di imparare. Sono perfettame­nte conscio che mi manchi esperienza e probabilme­nte anche velocità, ma voglio sorprender­mi».

3Di sicuro è uscito dalla sua zona di comfort.

«È una piccola pazzia, ma ho tanta voglia di viverla. Però sono realista, ognuno ha dei limiti e i miei sono logicament­e grandi. Ma affronterò tutto con la massima serietà e concentraz­ione perché non c’è spazio per fare errori».

3Tanti si chiedono se potrà vincere.

«La mia vita è sempre stata così, qualsiasi cosa faccia ho sempre gli occhi su di me, sia F.1 o kart, o rally. Comunque vada, la gente capirà che in questa disciplina ci sono grandi piloti, e concentran­do tutto quello che ho fatto in 6 mesi è impossibil­e arrivare al loro livello».

3 Le manca solo di guidare una MotoGP, come ha fatto Lewis Hamilton.

«Non credo di avere il talento per guidare una MotoGP, però una cosa è fare uno show, divertirsi, un’altra è competere».

3Ci sono valutazion­i diverse sulla sua presenza qui: che ha gli attributi, che è solo un’operazione di marketing, che viene qui a divertirsi.

«Io dico che ho delle palle molto grandi. Non ho bisogno di fare marketing e mi divertirei di sicuro di più in altre discipline dove saprei cosa aspettarmi. Questa invece è una cosa totalmente nuova, non è marketing né uno show dove vai su un circuito e fai un cambio tra moto e auto. Stiamo competendo contro i migliori del mondo, c’è un semaforo che si spegne e si va. È già difficile immaginare un pilota di circuito che va alla Dakar come prima esperienza, ancora più difficile è farlo diventare realtà».

3Il suo copilota è Marc Coma, un grande della Dakar in moto. È bravo a tenerla calmo?

«In realtà sono io a calmare lui, è uno ultra-competitiv­o, ogni volta che siamo al via di una speciale vedi l’adrenalina che sale e capisci perché sia una leggenda. Sono super contento di correre con lui».

3Ha vinto in tutte le discipline nelle quali ha corso. Cosa ha da dimostrare ancora?

«Niente. Sono qui per divertirmi. Semmai che vengano altri, vincano tutto quello che ho vinto io e poi ne riparliamo».

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DA VINCERE...

Vengano gli altri a vincere quello che ho vinto io, poi ne riparliamo

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500 miglia Indianapol­is Lo spagnolo la correrà il 24 maggio
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Dakar Domani sarà alla partenza del raid, su una Toyota Hilux
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Fernando Alonso Guiderà una Toyota Hilux

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