«SÌ, SONO UNICO CAMBIARE TRE BICI MI PIACE DA MATTI»
Strada, cross e mountain bike: l’olandese, 24 anni, è stato più votato di Verstappen (F.1) e Van Dijk (calcio). Nipote di Poulidor, vuole l’oro olimpico nella Mtb
Van der Poel vita da fenomeno «Il mio ciclismo in sella a 3 bici»
ARe Mida, il dono di trasformare in oro qualsiasi cosa toccasse era stato dato – racconta il mito – da Dioniso. Mathieu Van der Poel è quanto di più vicino la bici possa offrire al sovrano dell’antica Frigia: basta sostituire ‘oro’ con ‘vittoria’ e ‘cosa’ con ‘gara’, perché in mountain bike e ciclocross la percentuale di vittorie si avvicina a quelle di chi infila tiri liberi nel basket, e pure su strada il fenomeno olandese re dell’Amstel esulta spesso. Talento, genetica, applicazione, determinazione. Mathieu, nel panorama della bici, è unico: «Sì, lo so, è la mia peculiarità – dice alla Gazzetta -. Dipende da tanti fattori. La cosa principale però sa qual è? Che mi piace da matti cambiare la bici da usare durante la stagione! Il cross è il primo amore, la mtb si avvicina al divertimento puro, ora anche la strada mi piace parecchio…». L’aeroporto di Amsterdam è a pochi chilometri, fuori piove ma all’interno dell’hotel la confusione si mischia all’eccitazione. La Corendon-Circus dell’iridato di cross è diventata Alpecin-Fenix (licenza belga). Alpecin, di cui è sempre testimonial Maurizio Fondriest, è primo nome dopo le esperienze da secondo marchio con Giant e Katusha. Tra i 27 in organico ci sono Sacha Modolo e Kristian Sbaragli, e tricolore è pure Fenix (appartiene a una holding olandese), brand piemontese che produce materiali per rivestimenti per design d’interni. Van der Poel, fisico da modello e gentilezza sopra la media, è una calamita: attira pubblico e sponsor grazie a personalità e senso dello spettacolo alla maniera di Sagan.
3Mathieu, molti si chiedono anzitutto per quanto continuerà a farsi in tre. «L’obiettivo è vincere l’oro olimpico a Tokyo nella mountain bike. Poi potrei lasciarla un po’ da parte perché è molto più difficile del cross da combinare con la strada».
3La gente la ama per il modo di correre che ha e ama la sua storia: figlio di Adrie, nipote di Poulidor. Il cognome Van der Poel è sempre stato un vantaggio o può risultare pesante? «No, mai difficile, anzi d’aiuto, specie all’inizio. Mi ha aperto delle porte. Papà, nonno, mio fratello David (compagno di squadra, ndr) sono stati delle ispirazioni. La perdita del nonno è stata dura da superare per tutta la famiglia. Non lo vedevo spesso, ma ci amavamo. Ora penso a costruire il mio nome, a percorrere la mia strada. Con una parola in testa più delle altre: divertimento. Divertendosi, è più facile raggiungere gli obiettivi. Penso che si veda da cosa faccio in gara».
3Suo padre e suo nonno hanno sempre detto: «E’ più forte di noi». E’ vero?
«Sì sì, l’hanno sempre detto anche a me (ride). Non è facile, ma è stimolante cercare di ripetere ciò che hanno fatto».
3Nonno nonostante gli 8 podi al Tour. E’ un suo obiettivo?
«In futuro, perché no? Indossarla per qualche giorno è un sogno di tanti. Vincere il Tour invece… Troppo pesante, 75 chili, non penso succederà».
3Se le dico Italia?
«Penso a Firenze, ricordo bene il giorno in cui nel 2013 vinsi l’oro iridato jr su strada. Fantastico. Penso alla pasta, e al buon cibo! Penso a Livigno, uno dei posti preferiti dove allenarmi. Puoi pedalare su strada e in Mtb. Un paradiso».
3Per farla conoscere meglio: che cosa le piace?
«Il tempo libero non è tantissimo! A scuola la materia preferita era storia contemporanea, mi appassionava lo studio delle guerre mondiali. Facevo il calciatore, giocavo in attacco. Amo lo sport, specie le auto e il motocross. Mi piace farlo. E Tony Cairoli (nove Mondiali, ndr) è un idolo, vorrei conoscerlo. Quanto alle auto, sono più per la Porsche, dove lavorava la mia ragazza Roxanne (vivono vicino a Kapellen, in Belgio, ndr), che per la Ferrari».
3E’ stato nominato sportivo olandese dell’anno battendo il pilota di F.1 Verstappen e il calciatore Van Dijk, leader del Liverpool campione d’Europa e del mondo. L’ha sorpresa? «Sì, impressionante! Non credo di essere più popolare di loro, è un successo che vale».
3Lei è testimonial di Zwift, l’allenamento virtuale sempre più popolare. Pensa che gli eSports possano crescere? «Sì, decisamente. In inverno quando è brutto tempo si possono fare allenamenti efficaci, belli duri. E poi c’è stato il primo Mondiale per le e-Mtb… divertente. E comunque devi pedalare, la fatica si fa. Saranno una parte del futuro».
3Non ha ancora un vero manager al fianco. Come mai? «Ho una ottima relazione con i manager del team, Philip e Christoph Roodhooft, c’è anzitutto amicizia. E io ho un accordo lungo con questo progetto, quattro stagioni anche con le bici Canyon di cui sono ambasciatore».
3I team World Tour si devono perciò mettere il cuore in pace «In nessun’altra realtà avrei potuto combinare le tre discipline, qui mi sento libero di scegliere per il meglio e fare ciò che voglio. Perfetto». Inviti: si va verso la partecipazione a Strade Bianche, Sanremo, Fiandre, Roubaix, Amstel. Debutto: Ruta del Sol o Algarve.
3Tra le grandi gare quale sceglierebbe da vincere?
«La Roubaix. Alla tv la seguo in pratica tutta in diretta. Mi incanta. Ma dall’inizio degli Anni 2000 è sempre asciutta. Io ne vorrei disputare una sul bagnato. Pioggia, fango, pietre. La sfida uomo contro uomo sui pedali. Che meraviglia».
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La sua squadra Alpecin-Fenix (Professional) ha 27 corridori con Sbaragli e Modolo