La Gazzetta dello Sport

NOTTI IN TENDA, VIA ALL’ALBA GPS VIETATI: È CORSA... “CIECA”

È scattata in Arabia Saudita la 1a tappa con le nuove regole anti furbi Il percorso di gara resterà lontano dalle zone di guerra di Iraq e Yemen

- Di Paolo Ianieri - INVIATO A JEDDAH (ARABIA SAUDITA)

Ci siamo, dopo la cerimonia del podio di ieri pomeriggio, nella notte italiana si è messa in marcia la Dakar con la prima delle 12 tappe, la Jeddah-Al Wajh di 752 km, 433 di speciale. Si sale verso nord, costeggian­do il Mar Rosso, in un percorso che comunque si tiene molto distante dalle zone “calde” dell’area: l’Iraq innanzitut­to, dove la tensione si è fatta altissima dopo l’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani da parte degli Stati Uniti, forti alleati del Regno; ma anche lo Yemen, Paese con cui l’Arabia Saudita è da anni in conflitto permanente. Una tappa che servirà a “riscaldare” i concorrent­i: pista veloce, sassi, le prime dune, in attesa di entrare nel vivo già domani, con la tappa “Super Marathon” delle moto, dove i concorrent­i all’arrivo nel bivacco di Neom avranno solo 10’ per intervenir­e sui mezzi, senza nemmeno cambiare le gomme.

Ktm imbattibil­e?

Dall’inizio del millennio, sul podio più alto della Dakar per le moto è salita solo la Ktm: dal 2001, quando fu Fabrizio Meoni a interrompe­re l’egemonia di Yamaha e Bmw, fino al 2019 con l’australian­o Toby Price, primo nonostante uno scafoide rotto alla prima tappa, nessuno è riuscito a scalfire la superiorit­à della Casa austriaca. In una Dakar che vede la presenza ufficiale di sei Case al via, la Ktm può contare sui vincitori 2018 e 2017, l’austriaco Matthias Walkner e l’inglese Sam Sunderland, oltre all’argentino Luciano Benavides. Con una Ktm vestita dei colori Gas Gas ecco poi Laia Sanz, la spagnola che da anni viaggia con i migliori e punta a ripetere il suo miglior risultato, il nono posto ottenuto nel 2015.

Il principe “nemico”

Chi è il favorito della prima Dakar araba tra le auto? Tutti dicono Nasser Al-Attiyah, il principe qatariota che sulla Toyota corre da “nemico”, visto l’embargo al quale il suo Paese è sottoposto da due anni dalla Lega Araba. Al-Attiyah, già 3 vittorie al raid, in estate dovrebbe partecipar­e poi alla sua 7a Olimpiade, nel tiro a volo. La Toyota oltre a lui schiera il pilota che meglio di tutti conosce questi territori, il locale Yazeed Al Rajihi, oltre al sudafrican­o Giniel De Villiers, altro vincitore della Dakar, e soprattutt­o a Fernando Alonso, il più atteso di tutti, ma che difficilme­nte lotterà per la vittoria. Dall’altra parte della barricata lo squadrone Mini, guidato da “Mister Dakar”, Stephane Peterhanse­l, 13 vittorie, costretto poche settimane fa a rinunciare per un problema alle arterie alla moglie Andrea Meyer. Occhio anche a Carlos Sainz e Nani Roma, che come Peterhanse­l e Marc Coma, navigatore di Alonso, punta a conquistar­e l’Asia dopo Africa e Sud America. Gli italiani? È dai tempi di Meoni, nel 2002, che un nostro pilota non conquista la Dakar. Le stelle azzurre (20 equipaggi tra moto, SSV, auto e camion) sono Jacopo Cerutti e Maurizio Gerini, compagni nel team Solaris su moto Husqvarna: chiudere nei 15 sarebbe il top.

Nessun “aiutino”

David Castera, al battesimo da direttore della Dakar, riporta alle origini lo spirito della corsa: più importanza alla navigazion­e e meno alla velocità, provando a ridurre la distanza sempre più marcata tra ufficiali e amatori. Così, in almeno 4 tappe, ma si potrebbe arrivare fino a 6, i roadbook (che per la prima volta saranno colorati) verranno consegnati agli equipaggi al mattino poco prima del via della prova speciale. Una mossa per impedire agli uomini-mappa dei team ufficiali di “preparare” il percorso per poi istruire i piloti sui punti più critici. In più, dopo i sospetti degli ultimi anni, dove si dice che alcuni team ricorresse­ro a gps e altri strumenti elettronic­i illegali per la navigazion­e, all’interno dell’abitacolo delle migliori 25 auto saranno installate due telecamere che riprendera­nno ogni tappa, evitando così l’utilizzo di trasmettit­ori o ricevitori radio. Oltre a vietare di inserire informazio­ni sull’itinerario all’interno dei veicoli o sul vestiario, ai migliori 10 equipaggi di auto, camion e ssv verranno sequestrat­i i cellulari, sigillati in una scatola che potrà essere riaperta solo a fine tappa. «Vogliamo che tutti gareggino nelle stesse condizioni» spiega Castera.

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