La Gazzetta dello Sport

Brivido Cermis: una folle arrampicat­a

La scalata più incerta tra norvegesi e russi. Bolshunov a 1” avvisa Klaebo: «Ti batterò»

- Di Stefano Arcobelli

Ci sarà anche il fratello di Johannes Klaebo, il vlogger Ola, nella Rampa dei Campioni del passato come Zorzi e Jurgen Capol, il visionario svizzero che nel 2007 - per creare interesse sullo sci di fondo - inventò il Tour de ski, con tappa finale la scalata del Cermis. Una lucida follia: salire e non scendere la montagna per assegnare 400 punti e 50.000 euro a chi arriverà per primo o per prima sulla vetta fiemmese partendo a tecnica libera dalla valle, da Lago di Tesero, con i distacchi accumulati. L’ideatore della rassegna a tappe di Coppa del Mondo lo voleva proprio così il Tour prima del Cermis: incertissi­mo. Neanche la sprint di ieri ha chiarito chi potrà domare il Tour dopo 10 giorni tra chilometri, spostament­i (e spossament­i). Saranno gli ultimi 3 km e 650 metri di salita mozzafiato a fare la differenza.

Un 1500 prolungato

La scalata che 13 anni fa pareva qualcosa da scialpinis­ti, ora è una faticaccia emozionant­e che tutti i fondisti vorrebbero provare almeno una volta in carriera. Si sale a zig-zag tra due ali di folla - si prevedono 20.000 spettatori - che urlano e spingono i pellegrini della fatica. Dopo la prima edizione è venuta meno la preoccupaz­ione di “saltare” come un maratoneta, piuttosto affrontare la tremenda montagna è come disputare un 1500 prolungato. Crisi di zuccheri, rischio acidosi, effetti fisiologic­i negativi, fuori giri e svenimenti: nessuna paura, anche se sarà dura. Durissima. Dopo il Cermis servirà solo un recupero di una settimana. Per rendere ancora più avvincente l’ultima decisiva tappa, è stato aggiunto un chilometro in pianura nello stadio del fondo di Lago di Tesero. Ma neanche l’inventore del Tour de ski avrebbe potuto immaginare un finale così incerto, sul filo dei secondi.

Il format è stato un po’ rimodulato in questa edizione abolendo gare oltre i 15 chilometri. Il risultato è questo ultimo atto nel segno del brivido: c’è l’inezia di 1” tra il norvegese Klaebo, che partirà primo dal cancellett­o e punta al favolo bis di un anno fa da più precoce della storia, e l’altro asso giovane russo, Alexandr Bolshunov, che il Tour non l’ha vinto rispetto al connaziona­le Seregey Ustiugov, rel nel 2017, e ora terzo a 15” dal vichingo. Il quarto tra gli uomini è Pal Golberg, più sprinter che fondista rispetto al finlandese Niskanen, quinto a 1’59”. Il Tour insegna che fino a 2’ il gap è colmabile: proprio perché nei tornanti con dislivelli del 28% la crisi è sempre in agguato.

Una Vispa per il tris

Chi è agile di fisico e frequenze come Therese Johaug, parte certamente favorita: la norvegese lo ha vinto già nel 2014 e 2016 il Tour estremo, ha pagato anche stavolta dazio nelle due sprint, la seconda delle quali (in classico) è servita ieri ad Astrid Jacobsen per diventare la prima inseguitri­ce della Johaug. La Vispissima è al confronto verità con le pericolose connaziona­li, ovvero le ultime due dominatric­i del Tour (Bjoergen a parte, ritiratasi nel 2018), Ingvild Oestberg, la più fresca e con un gap colmabile di 23”, e Heidi Weng, che ha viaggiato con la sorella minore in gara, 5a a 47”. Insomma, a parte la russa Neprayeva, sarà la scalata delle compagne «tutte contro tutte» per la gioia del popolo norge. «Siamo tutte stanche e può succedere qualunque cosa» prevede la Jacobsen. Chi non s’arrende allo strapotere dei norvegesi è Bolshunov: «Voglio battere Klaebo, in cima. Ci ho provato negli anni scorsi: so cosa ci aspetta ma non mollerò».

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