La Gazzetta dello Sport

«Quella del calcio è una tribù E ve lo dimostro sul palco...»

Gianfelice Facchetti debutta a Milano con il suo adattament­o del celebre saggio di Morris: «Un omaggio al tifoso “normale”»

- Di Edoardo Lusena- MILANO

Vai allo stadio, sugli spalti o in campo, giochi a calcetto con gli amici, tifi, esulti, ridi, piangi e imprechi e un gol ti può svoltare la settimana o rovinartel­a. No, non stai seguendo uno sport, fai parte di una tribù. Perché? Cerca di spiegarlo Gianfelice Facchetti — autore, interprete, regista e figlio della gloria nerazzurra Giacinto — che oggi debutta allo Spazio Teatrale di Milano (info a sinistra) con «La tribù del calcio show».

Dal libro al palco

La tribù appunto, quella di cui anche lo stesso Facchetti fa parte, per stirpe e vocazione, e che nasce dall’intuizione di Desmond Morris, uno dei più autorevoli studiosi dell’“animale uomo” — etologo e antropolog­o inglese — che nel 1981 scrisse un saggio, La tribù del calcio (ed. Rizzoli-Mondadori Electa), in cui descriveva riti, caratteris­tiche, manie di chi gira intorno al pallone.

E da quel pallone, che rimbalza da secoli, è partito Gianfelice. Nel testo portato in scena con la Banda del Fuorigioco, incrocia spunti dal saggio di Morris a note autobiogra­fiche («Appena uscito dalla pancia di mia madre una pallonata mi ha colpito dritto in faccia, come uno schiaffo. Quella palla l’ho raccolta con le mani» dirà sul palco). Ma non aspettatev­i uno show nerazzurro, anche se l’Inter scorre nelle vene: «Papà è evocato nel testo solo come il mio “capotribù”». Ci sono poi i protagonis­ti, gli idoli a cui una tribù deve guardare: sul palco fanno capolino in qualche modo o Rei Pelé, il leggendari­o Ghiggia del Mundial 1950 e Denis Bergamini il giocatore del Cosenza trovato senza vita nel 1989 in un caso frettolosa­mente liquidato come suicidio e poi riaperto con le indagini su un oscuro omicidio. sul palco ci sarà la sua figurina Panini, mai pubblicata, perché morì prima della pubblicazi­one dell’album. «Sono partito dal libro di Morris, che ha letto il mio adattament­o, ma ho anche iniziato a scrivere questo testo — racconta Facchetti — guardandom­i indietro e cercando di capire cosa mi piace ancora di questa roba qui. Si parte dalle radici, come fa Morris d’altronde, per capire come l’uomo da cacciatore sia diventato calciatore». Cambiano i tempi ma la tribù — come visto dallo studioso inglese nella nuova versione del volume del 2016 con la prefazione di José Mourinho — si modifica ma resiste. «Il cambiament­o del calcio è ineluttabi­le — continua Facchetti — al tempo delle tv, del business, delle finali giocate a migliaia di chilometri da qui, ma qualcosa non cambia: è quello che nello spettacolo chiamo il “tifoso normale”, quello che entra pacifico ed esce pacifico, che perde tempo, soldi e magari per qualche giorno la serenità senza chiedere nulla in cambio. Lo spettacolo è anche per lui». Ed è proprio Desmond Morris, da lontano, a dare un viatico speciale al debutto della “tribù” in teatro: «Lo spettacolo richiamerà sì gli appassiona­ti più matura, i ragazzi hanno perso l’abitudine del teatro, ma con un po’ di fortuna mi auguro che richiami anche un pubblico non-football, che sono certo che troverebbe intriganti gli strani rituali della nostra tribù».

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 ??  ?? In scena Gianfelice Facchetti, 45 anni, con la Banda del Fuorigioco in «La tribù del calcio show»
In scena Gianfelice Facchetti, 45 anni, con la Banda del Fuorigioco in «La tribù del calcio show»

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