Papà Inzaghi «I miei figli hanno stupito anche me»
Papà Giancarlo racconta Filippo e Simone «Conoscevano tutti i giocatori, anche di C2 La passione li ha spinti in alto pure da tecnici»
Il primo mister Inzaghi è questo signore di 71 anni che, nonostante l’abitudine a parlare dei suoi figli, all’improvviso si commuove e non si vergogna di quelle lacrime che gli occhiali non riescono a nascondere. «Io ho cercato di trasmettere certi valori, ma in casa sotto questo aspetto sono solo il vice: per quanto riguarda l’educazione il primo allenatore è sempre stata mia moglie Marina, a cui i ragazzi sono molto legati». Giancarlo Inzaghi ci apre le porte della casa di San Nicolò, sicuramente il posto migliore per raccontare lo splendido momento di Simone (dieci successi di fila in campionato più il trionfo in Supercoppa con la Lazio) e di Pippo (sette vittorie consecutive con il Benevento).
Gol e sigarette
La villa di famiglia è su tre piani, ma naturalmente Pippo e Simone da queste parti passano di rado. Quattro strade più in là c’è la casa della loro infanzia, che aveva una mansarda in cui giocavano a calcio per ore nonostante i divieti dei genitori: «Andavo su, li trovavo tutti sudati, ma negavano. Fino a quando Pippo non si è rotto il metatarso... I primi calci li hanno tirati nel campetto della chiesa, qui vicino. Adesso non c’è più: hanno costruito un bar. D’estate uscivano con il pallone sotto braccio e Marina doveva andare a recuperarli ore dopo. Pippo veniva convocato per i tornei dei bar e accettava solo se facevano giocare anche il fratello. Sono passati anni, ma a me è sembrato un attimo che li ho visti avversari in A, compagni in Nazionale e poi rivali in panchina. Ecco: non avevo immaginato una carriera da tecnici, l’unico indizio era la conoscenza di qualunque giocatore. Se chiedevi chi fosse il centravanti di una squadra a caso di C2, rispondevano al volo. Poi, vedendo la passione con la quale studiavano, ho capito che sarebbe stata la strada giusta. E adesso mi godo il momento, ben sapendo che poi ci saranno periodi negativi. Fa parte del gioco. Ma nessuno potrà mai cancellare queste soddisfazioni e soprattutto la consapevolezza che tutti apprezzano il loro lavoro, l’impegno, la serietà, l’educazione e il rispetto». Il salone di casa è ampio e luminoso, pieno di vetrate. Ma quando l’arbitro fischia l’inizio di una partita di Lazio o Benevento, scatta l’immutabile rituale: «Marina in camera sua, io qui con le tapparelle abbassate, tutto buio, un bicchierino di amaro e qualche sigaretta. Oddio, qualche... Dal lunedì al venerdì non fumo, nel weekend arrivo a venti, ma non diciamolo ai ragazzi. Da quando fanno gli allenatori io soffro di più, ma ogni volta che c’è qualche problema non mi preoccupo perché so che troveranno la soluzione».
Pippo e il campo
Un mese fa Giancarlo Inzaghi è andato a trovare Pippo a Benevento: «Per la prima volta il pallone l’ha portato davvero lontano da casa. Però è stata la scelta giusta: un presidente entusiasta e generoso, un ambiente caldo e la possibilità di lavorare bene. Filippo (lui lo chiama così, ndr) si merita queste soddisfazioni. Al Milan aveva sofferto tanto, è innamorato di quella squadra e avrebbe fatto di tutto per risollevarla. Ma quello che è successo dopo ha dimostrato che non era mica colpa sua. Quando finì l’avventura di Bologna ero preoccupato, anche perché lui un po’ somatizza le delusioni. Mi disse che per un anno e mezzo non avrebbe lavorato limitandosi a guardare partite in tv. Ma io sapevo che non era possibile: sta male senza pallone. Pochi giorni dopo mi chiamò: “Papà, ho bisogno di una squadra sennò mi ricoverano”. Filippo ama il campo, gli piace stare con il suo staff a preparare partite e allenamenti e vive lo spogliatoio in modo intenso. Alcuni giocatori del Benevento mi hanno detto che è un martello». E quando torna a casa trova Angela: «È quella giusta, un papà e una mamma se ne accorgono. Ha capito tutto di Filippo, la sua maniacalità nel lavoro. Credo che abbiano il progetto di fare un figlio e sarebbe bellissimo. Lui è molto dolce e protettivo con i nipoti e ha un feeling naturale con i bambini».
Il carattere di Simone
Intanto il secondo figlio di Simone è già un idolo della Curva Nord: «Lorenzo ha sei anni e spesso dopo le partite scende in campo, prende la palla e va a segnare... Che ridere. Simone ormai è romano, secondo Filippo non se ne andrà mai perché ogni volta che ne parlano gli vengono le lacrime: da 20 anni parcheggia la macchina allo stesso posto a Formello. E poi a Roma sta benissimo: vive ai Parioli con la moglie Gaia, che è una bravissima ragazza, e a cinquanta metri abita l’ex compagna Alessia con cui ha uno speciale legame di amicizia oltre a uno splendido figlio: Tommaso, 18 anni, studente a Londra. Simone ha un rapporto particolare con Lotito: si danno del tu, a volte litigano, poi fanno pace». È successo anche con Immobile: «Incidente chiuso in due ore. Ciro prese male un cambio, ma nello spogliatoio chiese scusa. E mentre Simone tornava a casa, gli telefonò per ribadire il suo dispiacere. Però Simone ha un bel caratterino. Un giorno Hoedt si lamentò per non aver giocato. Mio figlio gliene disse di tutti i colori. Il giorno dopo l’olandese cercò un chiarimento, ma lui non gli parlò per una settimana. In generale, comunque, Simone è un punto di riferimento per il mondo Lazio. Alla festa dei 120 anni del club ha abbracciato spesso Lazzari, un ragazzo d’oro ma un po’ timido, e poi ha bonariamente rimproverato Correa che correva sulle scale di Castel Sant’Angelo: “Non farti male, perché devi scattare domenica...”.»
Altri 25 anni
In questa casa Pippo e Simone sono dappertutto: foto, quadri, ritagli: «Però a me e Marina mancano le nostre cene tutti insieme. Ci sentiamo ogni giorno al telefono, ma di persona potrei dare meglio i miei consigli tecnici... (ride, ndr). Quando parlo di calcio Simone mi ascolta o almeno finge, mentre Filippo mi manda al bar o chiede alla mamma di darmi una calmata. E ha ragione lui... Ai miei ragazzi auguro solo di stare bene, di godersi le famiglie e di allenare per altri 25 anni. Poi però basta col pallone eh...».
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Al Milan soffrì, dopo Bologna voleva fermarsi un anno, ma senza pallone sta male
È lontano da casa per la prima volta, ma Benevento è stata la scelta giusta. Un posto caldo
Papà Inzaghi
Su Filippo
Ormai è un romano, non se ne andrà mai: da 20 anni parcheggia l’auto nello stesso posto a Formello
Con Lotito ha un rapporto particolare. Si danno del tu: a volte litigano, poi fanno pace
Papà Inzaghi
Su Simone